Un buon leader deve saper influenzare gli altri (parte 1)

Un buon leader deve saper influenzare gli altri (parte 1)

Nei corridoi non si parla d’altro, e le voci si fanno sempre più insistenti: in azienda sta per arrivare un nuovo Direttore.

E tutti si chiedono: “come sarà?”, “che tipo di leadership eserciterà?”, alcuni aggiungono “dicono sia uno tosto”, mentre altri affermano “me ne hanno parlato bene, pare che abbia un buon carattere”.

L’attitudine manageriale di un leader è molto rilevante per le risorse che lavorano a stretto contatto con lui: il suo approccio, morbido o strong, decide il clima all’interno del team e influenza le dinamiche del gruppo. Il suo carattere e il suo personale modo di interpretare il ruolo di leader, settano in modo importante le aspettative della squadra.

Forza – intesa come affermazione delle competenze e atteggiamento demanding e rigoroso – ed empatia – intesa come apertura e gentilezza – sono, quindi, due delle principali caratteristiche che polarizzano un leader.

In un’interessante analisi, i ricercatori Amy Cuddy, Matthew Kohut e John Neffinger hanno analizzato come queste variabili impattino sulla qualità di un leader e sulla sua capacità di influenzare gli altri e di farsi ascoltare.

La maggior parte dei leader, secondo i ricercatori, tende ad usare da subito la forza e la rigidità.

Soprattutto in settori dove per crescere è fondamentale dimostrare preparazione, dedizione e spirito competitivo, fare leva sulle proprie competenze, imporre il ruolo acquisito ed essere assertivi fin dai primi momenti di contatto con un nuovo team, è per molti il modo più immediato per mettere le cose in chiaro e far capire subito chi comanda.

Eppure, questo stile di leadership rischia di essere molto nocivo per il gruppo.

Esercitare l’assertività e il rigore, senza aver prima creato un clima di fiducia ed empatia, può generare ansie all’interno del team. E una risorsa spaventata, è una risorsa immobilizzata, che ha paura di prendersi delle responsabilità, per il timore di sbagliare, che si autolimita, che perde fiducia nelle proprie abilità e che, con il tempo, smarrisce coinvolgimento e slancio.

In apparenza, un team guidato da un leader forte, ma di cui non si fida, può sembrare conforme alle richieste del boss. La realtà però, è che – spesso – lo è solo all’esterno: le risorse non connesse tra loro si comportano in modo egoistico, proteggendo i propri interessi e non mettendosi al servizio dei colleghi, per paura di venirne danneggiati.

Secondo gli studiosi, invece, per essere un leader efficace e avere una reale influenza sugli altri, il miglior approccio è quello di essere aperti ed empatici. Almeno in un primo momento.

Basta poco: il linguaggio del corpo, il tono di voce e la gestualità, sono già strumenti in grado di comunicare l’attitudine gentile e amichevole di un leader.

Come un pifferaio magico, il leader dotato di spiccata intelligenza emotiva chiamerà a sé le sue risorse, le farà sentire importanti e comprese – sia come persone che come professionisti – e si meriterà, giorno dopo giorno, la loro fiducia.

La fiducia sarà la chiave di volta per guidare un team e spingerlo al successo, alimentando apertura, cooperazione e collaborazione. Grazie alla fiducia, poi, all’interno di un team ci sarà più ascolto e condivisione di idee, a vantaggio della creatività e del problem solving. Senza considerare che è solo conquistando la stima di un team che un leader può far accettare, incondizionatamente, il proprio pensiero.

E dopo aver dimostrato empatia e aver acquisito la fiducia del gruppo?

È tempo di unire e ponderare forza ed empatia, per raggiungere una leadership equilibrata, long lasting e non troppo sbilanciata sulle soft o le hard skills.

Come farlo? Ne parliamo nella prossima puntata!

 

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