Team motivati e vincenti: la ricetta di Clemente Perrone

In occasione della tavola rotonda “EMBA Career Tales: Persone e innovazione nella trasformazione digitale” dello scorso luglio al MIP,  gli allievi Executive MBA hanno avuto l’opportunità di confrontarsi sul tema con Giampaolo Codeluppi, Partner di Key2People, Luciano Traquandi, docente di Organizational Behaviour del MIP Politecnico di Milano, Davide Paganoni, Group Director L&D del Groupe Edmond de Rothschild e Clemente Perrone, VP Human Resources & Organization Director di Sirti, che Valentina Goglio, Head of admissions Executive Masters – Marketing & Recruitment, ha intervistato a valle dell’incontro.

In aula hai detto che fai il “lavoro più bello del mondo”, ci racconti gli step incrementali che hai affrontato per arrivarci e la sfida che stai gestendo attualmente?

Ho iniziato il mio percorso in Benetton Group, all’interno dell’Organizzazione. Quell’esperienza di stage mi ha portato a ricercare un’opportunità professionale in ambito consulenziale all’interno di una Big4, per poter accelerare il percorso di apprendimento per una gestione efficace dei progetti.

I successivi 5 anni in KPMG Advisory mi hanno consentito di operare in contesti complessi e di confrontarmi con ruoli a crescente responsabilità. Ricordo, in particolare, il turnaround del modello di gestione dei servizi per l’autorità giudiziaria di un primario operatore di TLC, in un momento in cui il servizio era al centro di diverse criticità a livello di opinione pubblica.

La volontà di integrare le competenze nella progettazione di processi/organizzazioni con la fase implementativa e apprendere le regole del “vivere a corte” mi hanno portato ad accettare un ruolo manageriale in una Blue Chip. Nei 7 anni successivi ho occupato, in Telecom Italia, il ruolo di responsabile Organizzazione di diverse Business Unit, dalla Corporate, alle società del Gruppo (es. Olivetti, Sparkle, Matrix, TI Media) sino alla divisione Technology, che gestisce la rete di telecomunicazioni dell’incumbent. Sono stati anni importanti per la mia formazione, vissuti accanto a manager in grado di ispirarmi con il proprio esempio.

La volontà di incrementare la sfera di influenza nella mia azione manageriale mi ha portato nel 2014, ad accogliere la sfida di Sirti, principale impresa di rete nazionale e realtà in profonda trasformazione strategico/competitiva, per occuparmi, oltre che di Organizzazione, anche di tematiche HR quali Sviluppo, Formazione e Selezione. La nomina nel 2017 di Chief Human Resourcers & Organization, mio attuale ruolo, segna il naturale completamento del percorso professionale sopra descritto.

Attualmente il mio team è impegnato nell’implementazione di uno dei 3 pillar strategici legati al nuovo Piano Industriale, il programma “People & Change”. Dall’osservazione delle best practice abbiamo compreso come la gestione efficace delle risorse – People Strategy – necessiti di un approccio integrato. Da qui è nato il “Pop Model”, che opera secondo tre direttrici: Performance, Organization, People.

Qual è il momento professionale più emozionante o che ricordi con più soddisfazione?

La sottoscrizione dell’Accordo Integrativo aziendale, a fine ottobre 2017 ha rappresentato un traguardo storico per l’Azienda – un’intesa che mancava da oltre 5 anni – e un importante risultato per la mia squadra. Questo accordo ha incontrato, nel referendum dei lavoratori, il 70% di voti a favore, dato indicativo dell’apprezzamento del lavoro fatto in sede di confronto sindacale.

Per raggiungere questa intesa abbiamo superato, in diverse occasioni, il rischio concreto che “il banco saltasse” per la complessità e le correlazioni date dagli elementi in gioco, in 4 mesi di serrate e concitate negoziazioni.

Uno degli elementi più innovativi dell’accordo è dato dall’introduzione di un capitolo ad hoc per la gestione degli strumenti digital, collegati, ad esempio, al sistema di pianificazione dinamica geo-referenziata delle attività di oltre 3.000 tecnici. Ciò rappresenta uno dei primi esempi virtuosi in Italia di trasformazione digitale disciplinata in un integrativo.

Hai parlato di “cambiamento come strumento”, quali consigli condivideresti con i nostri lettori per affrontare il cambiamento e la crescita e essere motori di innovazione?

Il cambiamento organizzativo – come sostiene Umberto Frigelli – è una disciplina, non una scienza. Per gestirlo, dobbiamo saper usare sapientemente razionalità ed emotività. La programmazione può consentirci di indirizzare le principali reazioni della struttura ai cambiamenti che ci accingiamo ad introdurre, ma la gestione adattiva dell’imprevisto, la capacità di ascolto dei segnali deboli e una dose di creatività devono integrare il classico modus operandi che accompagna i grandi cambiamenti all’interno di un’organizzazione.

La gestione attenta delle crisi e della cosiddetta fase cinica (quella del “si stava meglio prima, quando tutto funzionava”) deve accompagnarsi ad altrettanta attenzione nella celebrazione dei successi.

Ulteriore elemento da non sottovalutare è la gestione dell’autostima dei gruppi, che amplifica l’efficacia e la determinazione – di medio periodo – nel raggiungimento delle sfide aziendali.

Per quanto concerne l’ultimo punto relativo all’“essere motori di innovazione”, ritengo sia importante sottolineare come l’idea innovativa da sola non basti. Come evidenziato da Ripamonti e Gaggioli in un recente articolo del Corriere della Sera, oggi fare innovazione significa “agevolare il dialogo tra diversi saperi” e creare team di lavoro interdisciplinari altamente collaborativi con valori ed obiettivi comuni. Per individuare un nuovo bisogno e comprendere le reali necessità dell’utenza occorre perseguire e promuovere una comunicazione fluida, diretta, immediata con i propri clienti di riferimento e all’interno dei team di lavoro intenti alla “messa a terra” dell’idea innovativa.

Un partecipante ti ha chiesto come si motivano le persone nei team e nelle organizzazioni per raggiungere un obiettivo e una strategia innovativa?

Performance collettiva e allineamento strategico sono gli elementi chiave per formare team motivati e vincenti. Andando per ordine:

> Performance collettiva: uno dei primi concetti che illustro ai team neo-costituiti in azienda è quello che chiamo la curva della competitività: rappresento nell’asse delle ascisse (x) i membri di un team, mentre nelle ordinate (y) il livello di performance. La “curva” è la funzione che interpola i punti di questo schema. Un team – spiego – è in grado di competere nel proprio mercato in base alla dimensione dell’area sottesa da questa curva. Graficamente appare chiaro che abbiamo bisogno di massimizzare il contributo dei singoli per ottenere un risultato soddisfacente; non possiamo permetterci che sia solo una parte del gruppo a “tirare la carretta”.

> Allineamento strategico: per raggiungere risultati eccellenti è necessario “trasformare” alcuni comportamenti distonici del gruppo, portando i singoli ad abbandonare interessi personali e ad abbracciare gli obiettivi dell’organizzazione. Serve estrema determinazione e leadership adattiva per trasformare un insieme di individui in una squadra. Edison diceva “genius is one percent inspiration, ninety-nine percent perspiration” a rappresentare l’importanza della cultura del lavoro nella fase di “messa a terra” e della relativa determinazione nel realizzare i progetti. Questo principio è altrettanto valido nella costruzione di squadre competitive.

In generale il tema della motivazione è uno dei più complessi da affrontare poiché è determinata ed influenzata da plurimi fattori: non vi è pertanto una modalità univoca per stimolarla. Nonostante ciò, nella mia esperienza mi sono reso conto che alcuni fattori possono influenzare maggiormente il mantenimento di livelli soddisfacenti di performance nel lungo periodo, quali ad esempio:

  • estrema chiarezza nel settaggio delle aspettative quantitative e dei relativi vincoli di costo/tempo,
  • valorizzazione non solo del team in quanto tale, ma anche del singolo per le proprie caratteristiche, peculiarità e contributo al gruppo stesso;
  • un ambiente interno in grado di stimolare, anche con ascolto attivo ed interesse autentico, la ricerca di soluzioni out of the box, tollerando anche l’errore.

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