Quando fondò Apple, nel 1976, Steve Jobs aveva 21 anni e appena un semestre di college alle spalle.
Nel 1974 il ventenne Bill Gates rinunciò alla laurea in giurisprudenza ad Harvard per fondare Microsoft.
Mark Zuckerberg nel 2004 impiegò pochi mesi per decidere di lasciare anch’egli Harvard e dedicarsi full time al suo sogno, Facebook.
Sono 3 casi eclatanti di imprese nate senza un background accademico, un esempio per tutti coloro che ritengono la preparazione universitaria e post-universitaria superflua nel raggiungere il successo.
È sempre vero? Non esattamente
Il Club degli Unicorni e gli MBA
La realtà è sempre più complessa di quanto appare. Vero, si possono fondare imprese multimilionarie senza l’ausilio di corsi universitari d’élite o Master in Business Administration. Ma qual è la frequenza di questi casi?
Aileen Lee che, su TechCrunch, ha cercato di rispondere al quesito sviluppando una sostanziosa analisi. “Il club degli unicorni”, ovvero le aziende che sono riuscite a sfondare la valutazione di 1 miliardo di dollari, nel settore dell’IT rappresenta appena lo 0,07% delle start-up, o se preferite 39.
Non sono molte, chiaramente. Ciò che è ancora più interessante per la nostra chiosa, però, è che pochissime tra le 39 aziende è stata fondata da ragazzini senza esperienza che si tuffano a capofitto nella nuova avventura. La media è in realtà di 34 anni, e fenomeni isolati come Mark Zuckerberg la abbassano di parecchio.
Gestire un’impresa multimilionaria: più facile con un MBA
Sulla scia del post di TechCrunch, il blog Seeing Both Sides analizza più nel dettaglio la situazione, riscontrando come soltanto il 18% di quello 0,07% non abbia almeno una figura chiave con in tasca il diploma MBA.
Nel 33% dei casi l’hanno conseguito sia i fondatori che gli executive. In un altro 50% dei casi sono stati assunti dei manager esterni per migliorare le prestazioni dell’azienda.
Ad esempio, Mark Zuckerberg ha fondato Facebook, Sheryl Sandberg in veste di Direttore Operativo lo sta aiutando a consolidarne le fondamenta, Lo stesso accade con Twitter, che ha incaricato Ali Rowghani.
Importanti eccezioni a questa regola sono Instagram e Tumblr, fondate e gestite senza l’ausilio di professionalità con curriculum studiorum di rilievo.
Un ritorno dell’investimento non immediato
A riguardo è interessante l’esperienza di Vivek Wadhwa, imprenditore convertitosi al mondo accademico, riportata su TechCrunch. Inizialmente indeciso se investire i suoi risparmi in un MBA o lavorare a tempo pieno, optò per un master part-time, un lavoro come programmatore in una grossa azienda dell’IT e tanti sacrifici economici.
I vantaggi? Per sua stessa ammissione, Vivek non riuscì a vederli nell’immediato.
Poi la svolta. La carriera interna, ruoli sempre più importanti, e la consapevolezza che molte delle cose imparate durante il MBA passavano dallo status di “oscure nozioni di dubbia rilevanza” a “indispensabili strumenti della propria professione”. Un valore che abbiamo sottolineato anche in altre occasioni.
Come insegnano le esperienze di Massimo Cappato e Paolo Mazza, il MBA è un’ottima palestra per sviluppare idee imprenditoriali. Non è un prerequisito fondamentale per fondare star-up miliardarie, ma nell’80% dei casi può essere un valido ausilio per portare quell’idea a funzionare schivando le trappole del fallimento, o per scalare rapidamente i gradini della propria organizzazione.
Che cosa ne pensate? Ritenete che un’azienda di successo possa essere creata e gestita senza necessità di un’istruzione di alto livello, o le due cose vanno di pari passo? Lasciate un commento sul nostro blog o sui social network!