Capire le necessità del consumatore ai tempi del Web 2.0. Intervista con Stefano Rosso, CEO del gruppo OTB [seconda parte]

Secondo Stefano Rosso, CEO del gruppo OTB, una delle più importanti qualità di un leader è la capacità di comprendere le esigenze della propria audience per assecondarle o guidarle.

In che modo questo è cambiato con l’avvento dei social network e del web marketing? Completiamo la risposta a questa complessa domanda con il secondo post di approfondimento, stavolta dedicato proprio all’impatto del mondo social e di coloro che, invece di cercare di comprendere i gusti dei propri consumatori, li hanno anticipati e plasmati.

Per chi avesse perso la prima puntata, è disponibile a questo link.

Intanto, sui social network…

Torniamo a Facebook, Twitter, Instagram, Youtube e gli altri social. Là dove le conversazioni sono ancora più genuine e non indirizzate dai community manager, in che modo lo #spiritoleader può cogliere – o addirittura guidare – i bisogni e le aspettative dei consumatori?

Un primo suggerimento lo dà l’attenta lettura del Cluetrain Manifesto, che comincia proprio così:

I mercati online cominciano a organizzarsi da soli molto più rapidamente delle aziende che tradizionalmente li rifornivano.

Grazie alla rete, i mercati diventano più informati, più intelligenti e più esigenti rispetto alle qualità che invece mancano nella maggior parte delle aziende.

Fondamentale far propri tre concetti chiave: ascolto, sentiment ed influencer.

Ascolto, un paziente captaggio di tutti i segnali, siano essi status, meme (immagini create, modificate e fatte circolare dagli stessi utenti, di solito ironiche o irriverenti), video o hashtag sul tema d’interesse, che contribuiscono a costituire il sentiment, lo “stato emotivo” della rete, e a propagarlo fino ai più remoti angoli del web attraverso gli influencers, quei personaggi già celebri nel mondo reale – o più spesso diventati tali direttamente sul web – i cui tweet o status possono rappresentare la fortuna (o la rovina) di un brand.

Possibile influenzare questo rodato meccanismo digital-mediatico? Sì, a patto di mettere da parte ogni pretesa di influenza più o meno diretta, porsi in ascolto prima per capire il tone of voice e partecipare poi nel modo più genuino e onesto possibile alle conversazioni, e magari portare dalla propria parte coloro che le avviano o le propagano.

Da manuale, ad esempio, la capacità di Burger King di comprendere i meccanismi di Facebook e sfruttarli a proprio vantaggio creando il contest “Whopper Sacrifice”. Elimina 10 dei tuoi amici e vinci un hamburger, sfida accettata da oltre 20.000 persone e passata di bocca in bocca, tanto da diventare un caso di studio per Social Media Manager.

Mastercard, al contrario, ha scoperto a proprie spese cosa significhi cercare di influenzare la propria audience, andando a sbattere contro un muro di indignazione quando ha richiesto ad alcuni giornalisti di twittare il proprio hashtag #pricelessSurprises in cambio di un accredito per i Brit Awards.

I trend si cavalcano o si inventano?

Rieccoci dove siamo partiti per questo lungo viaggio, ossia l’iPhone e Steve Jobs. Cosa pensava delle esigenze dei clienti, e di come cavalcarle? Ce lo dice Guy Kawasaki, che lavorò con Jobs agli albori dell’esperienza Apple, contribuendo al suo successo.

Le persone non sanno ciò che vogliono finché glielo mostri.

“Ricerca di mercato Apple” è un ossimoro. Il focus group di Apple era l’emisfero destro del cervello di Steve che parlava all’altra metà sinistra. Se chiedi ai clienti che cosa vogliono, te lo diranno: «Migliore, più veloce e meno caro». Ma una cosa monotona migliorata non ha nulla del cambiamento rivoluzionario. I clienti sanno solo descrivere i loro desideri in termini di ciò che stanno già usando: nel periodo in cui fu introdotto il Macintosh, tutti dicevano di volere computer con MS-DOS migliori, più veloci e meno costosi. La cosa migliore per una startup è creare un prodotto che tu vorresti usare: è quello che hanno fatto Steve e Wozniak.

Un altro innovatore a noi più vicino, Michele Ferrero, intervistato da Mario Calabresi affermava:

Ecco cosa significa fare diverso da tutti gli altri. Tutti facevano il cioccolato solido e io l’ho fatto cremoso ed è nata la Nutella; tutti facevano le scatole di cioccolatini e noi cominciammo a venderli uno per uno, ma incartati da festa; tutti pensavano che noi italiani non potessimo pensare di andare in Germania a vendere cioccolato e oggi quello è il nostro primo mercato; tutti facevano l’uovo per Pasqua e io ho pensato che si potesse fare l’ovetto piccolo ma tutti i giorni; tutti volevano il cioccolato scuro e io ho detto che c’era più latte e meno cacao; tutti pensavano che il tè potesse essere solo quello con la bustina e caldo e io l’ho fatto freddo e senza bustina. L’Estathè per dieci anni non è esploso, ma io non mi sono scoraggiato, perché ero convinto che ci voleva tempo ma che l’intuizione era giusta e che la Valeria non sapeva ancora che era quello che aveva bisogno. Ma poi se ne è resa conto ed è stato un grande successo.

In conclusione

Come ricorda Stefano Rosso all’inizio del video, “essere un leader oggi è un mestiere molto difficile”, per la quantità e l’intensità degli stimoli ai quali si è sottoposti, e per la crescente perdita di controllo su clienti e audience di riferimento.

Gli strumenti per poter trarre vantaggio da questi mutamenti, però, non mancano. Sta allo #spiritoleader ricercarli e metterli in pratica nel modo più efficace possibile, studiando e aggiornandosi costantemente per cogliere i trend o anticiparli.

 

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