Senza rispetto in ufficio mancheranno collaborazione, produttività, benessere, felicità…

I dipendenti non abbandonano i posti di lavoro: abbandonano i capi.

Specialmente quando si sentono poco considerati dal manager, maltrattati e quasi mai presi in considerazione.

Al pari di un campo di battaglia, in ufficio si consumano vere e proprie carneficine: risorse trascurate, dipendenti discriminati, professionisti – anche validi ed esperti – vessati dal boss arrogante di turno.

Un comportamento più diffuso di quanto immaginiamo che, evidentemente, porta con sé delle conseguenze.

Secondo un’indagine USA condotta da Christine Pearson – docente alla Thunderbird School of Global Management – e da Christine Porath – docente alla McDonough School of Business della Georgetown University – infatti, la mancanza di rispetto in ufficio genera una vera e propria slavina di ripercussioni negative.

Diamo qualche numero esemplificativo.

Del campione intervistato dalla coppia di ricercatrici, composto da ben 800 manager di 17 realtà differenti, il 62% ha dichiarato di aver subito maltrattamenti di vario genere dal leader.

Un esercito di quasi 500 manager di cui:

  • il 78% ha vissuto un crollo del commitment personale verso la Company. “Se al boss non interessa la mia opinione, chi me lo fa fare di interessarmi della Company?”. Crystal clear!
  • il 66% ha riconosciuto un netto declino delle proprie performance, probabilmente causate da frustrazione e motivazione azzerata.
  • il 47% ha ridotto il tempo speso al lavoro: piuttosto che perdere ore ad assecondare un capo che vessa e non rispetta i dipendenti, meglio dedicarsi ad attività davvero gratificanti.
  • il 38% ha definitivamente tirato i remi in barca, lavorando in modo noncurante e poco attento: un riflesso esatto del comportamento negativo del capo, menefreghista e negligente nei riguardi delle sue risorse.
  • il 12% ha lasciato il posto di lavoro, stremato dalle azioni del capo.

Chi pagherà per la strage di produttività e per l’eccidio di efficienza, felicità e benessere in ufficio?

I costi scatenati da cicloni tossici di questo tipo, infatti, non sono solo di tipo psico-emotivo e a carico dei dipendenti: al contrario, le conseguenze di un calo nella produttività e nel commitment delle risorse umane di un’azienda si riflettono sui conti economici della Company e, a lungo, ne minano le fondamenta competitive.

Dipendenti che, nel migliore dei casi, lasciano l’azienda e che, nei peggiori, si disinteressano dei colleghi e delle sorti della Company, mettendo in gioco il minimo indispensabile del loro reale potenziale e chiudendosi in uno stato di sopravvivenza.

Per non parlare del riflesso sui clienti: sempre più consumatori, informati e sensibilizzati su temi etici, si rifiutano di acquistare prodotti e servizi da aziende con reputazioni scadenti e tacciate di inciviltà nei confronti dei propri dipendenti.

Vi è chiaro il quadro disastroso generato da comportamenti prepotenti messi in atto da un capo?

Reagire si può e – sorpresa – funziona benissimo!

In un’altra ricerca condotta su un ampio campione di circa 20.000 dipendenti provenienti da tutto il mondo, coloro che si dichiaravano rispettati, considerati e compresi dal proprio leader mostravano:

  • nel 92% dei casi una massima attenzione alle proprie mansioni.
  • nell’89% dei casi una grande soddisfazione nel compiere il proprio lavoro.
  • nel 56% dei casi una salute migliore e benessere diffuso. (Tradotto: felicità anche nell’andare al lavoro!)
  • nel 55% dei casi un elevato engagement nelle attività dell’azienda.
  • nel 100% dei casi una chiara volontà di rimanere in azienda e di proseguire il proprio sviluppo di carriera internamente.

È evidente come, quello del leader, sia il ruolo centrale nel buon funzionamento degli ingranaggi più delicati di un’impresa.

Per creare un ambiente produttivo, positivo ed attraente per i migliori talenti, spalancate le finestre e fate entrare il vento della civiltà.

Fatene un elemento chiave della cultura aziendale e promuovetela attivamente, dando il buon esempio, ogni giorno. Stimolate il dialogo con e tra i collaboratori, considerate l’opinione di tutti, agite sempre con lealtà e lucidità, non dimenticando di dare feedback costruttivi e di riconoscere i meriti, soprattutto di chi si distingue per fair play. Non abbiate paura, infine, di eliminare le mele marce dal cesto: un atteggiamento di tolleranza zero verso i membri incivili vi aiuterà a chiarire le regole del team.

L’unica chiave per aprire le porte della fiducia, dell’impegno e del commitment dei vostri dipendenti si chiama rispetto. Tenetela sempre in tasca o, prima o poi, vi troverete chiusi fuori dal building.

Un commento

  1. Quando sento parlare di “capo” e “risorse” come minimo mi parte una settimana di studio su cose interessanti da scrivere nel curriculum.

    La miseria intellettuale di chi ancora si esprime con termini come “risorsa” va punita in ogni modo possibile (di solito non se ne accorgono nemmeno: sono troppo occupati a baloccarsi con il nuovo iPhone “aziendale”)

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