Sapere gestire i meeting è cruciale per la carriera di un leader

Sapere gestire i meeting è cruciale per la carriera di un leader

Ci si interroga spesso su quali siano i fattori che uccidono la produttività in azienda.

Uno di questi, forse il più pericoloso, è il meeting: un elemento da molti considerato come una perdita di tempo, difficile da gestire, da coordinare e che raramente si dimostra risolutivo.

I motivi? In una classica riunione c’è chi si presenta in costante ritardo, chi non ha letto i documenti guida prima di entrare in sala e chi, imperterrito, continua a mandare email mentre attorno al tavolo si tenta di prendere decisioni strategiche. Il tutto mentre chi parla fa fatica a ingaggiare i partecipanti e a trovare un flusso chiaro per giungere ad una conclusione.

Eppure, nonostante le lamentele collettive, del meeting non si può proprio fare a meno.

La sfida per i leader, quindi, è quella di trovare la chiave giusta per trasformare una noiosa pratica collettiva, in un momento di confronto utile e fruttuoso.

Secondo uno studio recente, pubblicato dal Journal of Leadership & Organizational Studies, e ripreso dall’Harvard Business Review, l’apporto di un leader durante un meeting è un fattore cruciale per determinarne le sorti. Di conseguenza, mostrarsi abili nel tirare le fila di un team attorno al tavolo, è sinonimo di capacità e preparazione.

Uno sforzo che vale la pena di sostenere: imparare a gestire un meeting, infatti, può rivelarsi non solo un plus di produttività per il team, ma anche un importante tassello per il proprio cv.

Ecco i 4 vantaggi per chi si dimostra abile nel guidare una riunione.

1. Guadagnare rispetto

Tutti odiano i meeting, soprattutto quelli lunghi e noiosi. Immaginate se, a spezzare il torpore, al tavolo arrivasse un risolutore pragmatico: una figura in grado di guidare la conversazione, di fare da mediatore e di trascinare tutto il gruppo fuori dalla palude del “ci aggiorniamo” e del “ne riparleremo al prossimo incontro”. Tutti i partecipanti si sentiranno coinvolti e saranno grati al leader che ha saputo rendere produttivo il momento di confronto, valorizzando il tempo. Meglio ancora quando il leader alla guida del discorso mostra spirito critico e preparazione sul tema al centro del dibattito.

2. Consolidare le relazioni

Per rendere un meeting produttivo, un leader dovrebbe ascoltare il parere dei partecipanti. Capire insieme a loro quali argomenti trattare, quali sono più o meno importanti, quali sono le decisioni da prendere e chi coinvolgere. Una pratica all’apparenza banale, ma che nasconde un grande vantaggio: interpellare i colleghi, rendendoli protagonisti, li fa sentire ascoltati e considerati. E voi apparirete come attenti e empatici. Una situazione win win che porta a stringere relazioni e a fare networking.

3. Affermare la leadership

Un vero leader è colui che sa coordinare le risorse, gestire situazioni complesse, avere una visione ad ampio spettro – anche al di fuori del suo perimetro di competenze specifiche – e tenere le fila dei progetti. Dimostrarsi una guida solida e affidabile durante un meeting, indipendentemente dall’argomento sul tavolo, è un chiaro segnale di doti di management trasversali e affilate.

4. Mettersi in mostra

L’abilità di gestire le conversazioni, rendendo un meeting produttivo, è una soft skill molto ricercata e rara. Dimostrarsi capace di coordinare i team e mediare il dibattito, giungendo ad una conclusione pragmatica ad ogni meeting, è un grande punto a vostro favore. Una virtù che non tarderà a diffondersi in azienda. In breve tempo verrete dipinti come risolutori efficaci, mediatori affabili e manager produttivi, tanto che altri team e unit vorranno beneficiare del vostro supporto. Conoscete un modo migliore per insediarvi all’interno di altri gruppi di lavoro, ottenendo visibilità e facendo conoscenze con tutta l’azienda? Bingo!

(3) commenti

  1. Quanto sopra esposto è pienamente condivisibile in un ambiente dinamico, competitivo ed innovativo. Ma in una società che opera in un settore saturo e maturo; in una società che vanta un range di età del personale tra 55/65 che vogliono solo navigare verso il porto della pensione; in una società che tutti pensano a coltivare il proprio orticello senza vedere cosa sta cambiando nel mondo;… come è possibile applicare quanto sopra esposto in maniera produttiva e non essere contaminati dal mood collettivo? È come mettere delle buone persone in una societtà governata da carogne per il 90%!

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  2. Articolo che è al contempo perfetto e disastroso.
    Perfetto perchè descrive correttamente cosa è necessario fare in un contesto organizzativo gerarchico per far funzionare le cose, Disastroso perchè fa capire molto bene quanto sia assurdo che la leadership debba essere concepita come esercizio di funzioni di tutore/chioccia/caring father da parte del leader. E’ la definizione moderna di leadership che deve essere rivista, Si è trasformata in ciò che è proprio perchè la stiamo erroneamente utilizzando per tamponare i sintomi di inadeguatezza della gerarchia manageriale rispetto alle esigenze di un’organizzazione moderna. In organizzazioni in cui viene sradicata la dipendenza tra persone, e vi è una chiara distribuzione d’autorità i problemi elencati non esistono: se si sa chi puo’ decidere su quali argomenti, e vi sono chiari processi dinamici per allocare tali diritti/aspettative, che non sono mai centralizzati in un’unica figura di leader, ognuno decide anche chi coinvolgere nelle proprie decisioni, senza dover perdere tempo nella cattura dell’attenzione o nell’esercizio di doti dialettico/politiche per generare consenso attorno alla propria idea, per fare in modo che il capo la sposi, e senza che il non farlo sia considerato poco corretto. Vicecversa nelle organizzazioni gerarchiche il capo è costretto a mitigare il proprio ruolo, mettendo in piedi processi d’ inclusività che rimangono del tutto aleatori e del tutto dipendenti da umori e sensazioni monopersonali. Questo miscuglio di prestigio personale e funzionalità organizzative è attualmente la più grande barriera al fare leva sull’intelligenza collettiva di un’organizzazione.

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  3. Che si possa arrendere un personale tra i 55/65 anni lo capirei anke ma NON un menager che DEVE gestire persone tra i 55/65 anni 😀
    Questo è un articolo a mio parere molto interessante! Perché spinge all empatia alla relazione all onesta’ e umanità ..tutte carte vincenti per raggiungere obiettivi a prescindere dall’età…a tutti piace essere riconosciuti!

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