Quanto conta l’aspetto di un leader?

Sergio Marchionne

L’abito non fa il monaco. Forse. Ma di certo fa il Boss.
Ecco sintetizzato il risultato di alcune ricerche internazionali condotte in ambito top business.

Nonostante il mondo del lavoro cambi continuamente e si adatti a nuovi modelli organizzativi e di leadership, anche nel contesto del management ci sono cose che non cambieranno mai, tra cui l’aspetto che un leader deve avere per essere riconosciuto come tale dal suo team.

Non solo dress code: anche la fisionomia, il comportamento e l’attitudine di un leader rivestono grande importanza nel suo riconoscimento sociale.

Per prima cosa la voce: avere un tono di voce suadente e profondo favorisce l’ascolto e massimizza il convincimento del pubblico. Un vantaggio incommensurabile soprattutto quando si parla di successo e credibilità: gli studenti delle Università della California, di San Diego e dell’Università Duke, sottoposti all’ascolto di centinaia di speech di CEO, hanno riconosciuto i più pagati semplicemente selezionando quelli con il tono di voce più profondo.

Anche la fisionomia e la forma fisica rivestono un importante ruolo nel giudizio complessivo di un leader: secondo Malcolm Gladwell, autore del libro “Blink”, nel 2005 il 30% dei top leader presenti nella celebre lista Fortune 500 erano decisamente alti (oltre 1 metro e 85 centimetri) se comparati al resto della popolazione standard. Inoltre, essere tonici, gradevoli nell’aspetto, curati e rigorosi può trasmettere un’idea di competenza e autorità mentre, al contrario, persone in sovrappeso o poco attente al loro aspetto trasferiscono sin da subito una sensazione di scarso autocontrollo.

Nella definizione dello stereotipo del vero leader non poteva mancare un’analisi accurata della postura: secondo gli studi di Amy Cuddy, psicologa sociale e docente all’Harvard Business School, l’acquisizione di credibilità e rispetto passa soprattutto attraverso il linguaggio non verbale. La fiducia aumenta quando siamo di fronte ad una persona che assume una power pose, ovvero una posizione perfettamente eretta, quasi espansa, con petto in fuori, spalle indietro, mani sui fianchi e piedi ben piantati a terra. Una posizione che trasmette solidità, orgoglio e che favorisce il flusso di testosterone, riducendo quello di cortisolo, indicatore di stress.

Come ogni regola che si rispetti, però, non possono mancare le eccezioni, rappresentate, in questi specifici casi, dai nuovi top manager contemporanei che con il loro comportamento non verbale ed il loro dress code hanno deciso di rivoluzionare il mondo del business: parliamo di Mark Zuckerberg, ad esempio, che veste causal in maglietta e pantaloni sportivi, del compianto Steve Jobs, la cui immagine sociale è racchiusa nel mitico dolcevita nero, o di Sergio Marchionne, per citare un caso Made in Italy, non esattamente un’icona fitness, diventato celebre per i suoi golfini.

Tuttavia, non lasciatevi troppo sedurre dall’idea di rivoluzione: ancora oggi, i parametri di selezione della maggior parte degli head hunters tengono conto del look del candidato e del suo modo di porsi. Se siete a caccia di un ruolo da leader, meglio mostrarsi controllati, sicuri di sé, in splendida forma fisica e garbatamente eleganti, come un vero, tradizionale Boss.

E se non siete naturalmente predisposti al controllo ed all’immagine di forza e solidità?

Seguite il consiglio di Amy Cuddy: impegnatevi a mentire a voi stessi, esercitandovi nell’assumere posizioni da leader, fino a che il nuovo ruolo non vi risulterà naturale. Bastano pochi minuti di esercizio al giorno per fare in modo che le abitudini del nostro corpo influenzino, in maniera vincente e definitiva, i meccanismi della nostra mente.

(3) commenti

  1. Lucio Capacchione

    L’Analisi è interessante ma un vero leader lo si vede dagli occhi e dalla forza magnetica che promana dagli stessi: il resto (se c’è…) è tutto grasso che cola….
    Lucio Capacchione
    Poeta e Fabbro del Cambiamento

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