Workshop, video, case studies: essere un leader significa anche coltivare le proprie skill e rimanere aggiornato. Per farlo, oggi, manager e professionisti scelgono l’experiential learning, un approccio che mette in primo piano la concretezza rispetto alla “fredda” teoria.
E di “freddo” non ha proprio nulla il nuovo metodo esperienziale che il MIP Politecnico di Milano sta portando in aula grazie alla collaborazione con il Teatro Filodrammatici di Milano.
Ne parliamo direttamente con i promotori del progetto, Bruno Fornasari, Direttore Artistico del Teatro Filodrammatici di Milano, ed Emilio Bellini, Professore di Management Innovation al Politecnico e Vice Direttore Corporate Education al MIP.
Dal palcoscenico all’aula di una Business School, un percorso che non è così scontato. La prima domanda è quindi per Bruno Fornasari.
Com’è nata questa idea?
Mi sono formato come attore in Italia e nel processo di formazione ho percepito una serie di limiti molto forti proprio nel training. Ho cercato quindi di superarli studiando metodi diversi, in particolare quello Stanislavskij, russo, e l’Actioning, anglosassone. Il metodo di training che ne è nato è stato visto per caso da un formatore, che vi ha scorto delle possibili applicazioni nell’ambito del management.
Cosa succede in aula?
Con gli studenti stabilisco una relazione socratica e maieutica, mai verticale. Pongo un problema al centro, quasi come un sasso in uno stagno, vedo come questo fa risuonare le variabili che lo circondano e ne facilito l’interpretazione.
L’obiettivo è porre l’attenzione sull’oggetto del problema, non sulla persona che se ne occupa. È questa giusta distanza che permette di sviluppare una soluzione.
Quello che poi accade concretamente in aula dipende dal progetto. Qui al MIP, ad esempio, presentiamo delle scene che contengono degli stop. Queste interruzioni vengono usate dal formatore – lo stesso che la mattina ha fornito le premesse nozionistiche – per creare dei ponti con la teoria.
Quello che faccio io è di rendere le persone più consapevoli delle loro reazioni, intervenendo su come rispondono a ciò che vedono.
Un metodo innovativo, che cambia però il peso e il ruolo del docente, vero Professor Bellini?
Non si tratta di un approccio top down, in cui il docente offre una soluzione. Non siamo più la star al centro del palcoscenico ma coach, orchestratori, registi. Non avendo più lezioni o slide da seguire, il docente deve essere in grado di guidare un processo.
È un cambiamento radicale e siamo orgogliosi di usare un metodo così umanistico in una scuola di ingegneri.
Come convivono in aula due professionalità così diverse?
Bruno ha corretto i testi preparati da noi docenti, in modo che le situazioni avessero un peso drammatico, non solo espositivo. Fare dei progetti interdisciplinari è bello a parole, ma è molto difficile nei fatti, perché si rischiano delle sovrapposizioni.
Questa parte di teatro non è stata la ciliegina sulla torta, ma è stata fortemente innervata all’interno di un percorso, un cammino di preparazione. Le persone hanno vissuto la scena teatrale come il momento in cui hanno tirato le fila del ciclo di formazione esperienziale.
Un’ultima domanda prima di concludere.
Questo progetto è stato proposto a un’aula Corporate. Come mai e qual è stato il feedback dei partecipanti?
La cosa sorprendente è l’indice di gradimento: le persone sono uscite dall’aula entusiaste.
Nel mondo della Corporate Education, la prima richiesta è quella di concretezza. Quello che facciamo con Bruno è abbastanza astratto da veicolare contenuti e metodologie, ma al tempo stesso viene percepito come concreto. È un metodo in grado di superare la tradizionale dicotomia tra astrattezza e concretezza. Porti subito a casa qualcosa, anche del punto di vista cognitivo.
Avremmo ancora tante domande per Bruno Fornasari ed Emilio Bellini ma entrambi devono tornare in aula dai loro studenti, impazienti di sperimentare un metodo – per dirla con il professore – «100 volte più efficace di un case study, 50 volte più di un role playing, 20 volte più di un workshop o di un video».
Grazie ad entrambi non solo per il tempo dedicatoci, ma anche per la passione e l’entusiasmo con cui formano e accompagnano leader e manager.