Grandi poteri, grandi responsabilità: raggiungere una posizione esecutiva in azienda significa diventare una guida per l’intero team. Dall’alto della sua poltrona, un manager ha in mano le sorti dell’impresa o della unit e, con le sue scelte e la sua attitudine professionale, influenza profondamente le performance dell’azienda.
Un peso specifico notevole che, spesso, i manager sottovalutano: non sono rari i casi in cui gli Executive intossicano – letteralmente – l’ambiente di lavoro, creando caos e insoddisfazione con i loro atteggiamenti sbagliati e poco professionali.
Quali sono i comportamenti più dannosi?
Ecco la top 3 degli errori da non commettere per evitare ripercussioni serie sui risultati aziendali e gravi danni a carico del team.
1. Ognun per sé
Ci sono manager che tendono a trattenere le informazioni, che non comunicano con i dipendenti, che non forniscono feedback, che agiscono in maniera individualista.
Sotto il loro controllo non è raro trovare squadre chiuse, egoiste e per niente unite: team in cui le bocche sono cucite e l’onestà non è un valore. Gruppi in cui la lealtà e il rispetto per la posizione del collega non sono argomento di discussione.
Peggio per loro?
No, peggio per voi, cari Executive.
Perché le analisi di settore parlano chiaro: quando non c’è considerazione per il prossimo crolla anche il commitment dell’individuo, soprattutto nelle logiche di team.
Come intervenire in questioni così “emotive” e comportamentali? Rendendole oggettive: stilate un’etiquette dell’ufficio, con regole scritte e tassative e assicuratevi che tutti le seguano.
2. Prioritario, anzi no.
“Serviva per ieri”, “vi aspetto al meeting: l’ho appena convocato”, “è urgente; no, non è più urgente; ora è più urgente un’altra attività”, “metti in stand-by: non abbiamo deciso come procedere. Anzi, convochiamo subito una riunione per sentire il parere di tutti”.
Se vi riconoscete in una – o più – di queste affermazioni, fate attenzione: il vostro team è a rischio baraonda.
Quando il manager ha un atteggiamento non strutturato e sempre sul filo del rasoio le conseguenze possono ripercuotersi negativamente sull’organizzazione del gruppo di lavoro, sul tasso di stress e sul livello di ansia all’interno della squadra e danneggiare i risultati aziendali.
Con un approccio fatto di scatti, accelerate e retromarce il rischio di sprecare risorse, di perdere concentrazione e di creare caos è concreto: il team non ha mai una visione strutturata, passa da un task all’altro a seconda dell’urgenza del momento e non è in grado di pianificare.
Per non azzardare lo schianto, abbandonate subito questo “stile di guida”: lavorate sulle vostri doti organizzative, settate le priorità strategiche e decidete, insieme al team di manager, i binari da seguire. Attenetevi agli obiettivi iniziali e non fatevi sconvolgere dalle urgenze del momento. Imponetevi, infine, di seguire processi decisionali lineari e corretti, senza saltare o complicare inutilmente alcuni step.
3. La legge della giungla
Avete conquistato la poltrona da dirigente sfidandovi a colpi decisi con gli altri contendenti alla promozione e, alla fine, avete vinto voi.
Riproporre questa vita da ring all’interno dei vostri team, però, non sarà altrettanto proficuo: le ricerche dimostrano che i gruppi di lavoro all’interno dei quali scorre un’aspra rivalità performano male e, nel lungo periodo, distruggono tutto ciò che li circonda.
A partire dal clima di fiducia utile per lavorare in maniera strutturata e lineare: quando un capo decide di mettere in gara i membri dei suoi team al grido di “sana competizione”, rischia di creare faide insanabili. Situazioni scottanti dove la sete di successo porta a dubitare delle intenzioni dell’altro e spinge i dipendenti ad agire mossi da prese di posizione personali. Nessuno condivide più le proprie idee per paura di un furto, nessuno collabora, men che meno aiuta l’altro.
E così, in un clima teso e cinico, si consuma la triste fine del senso di appartenenza, del gioco di squadra e della cooperazione.
Sicuri di volere questo?
Mauro Musacchi
Buongiorno
Aggiungerei un punto, relativo al rispetto ed al saper ascoltare. Ho 62 anni, ancora oggi ricevo messaggi da collaboratori di decine di anni fa. ..