Presentazioni: storytelling sì o storytelling no?

C’era una volta un manager pieno di ottime idee, ma incapace di presentarle senza far addormentare il suo pubblico o senza far scuotere la testa ai suoi datori di lavoro.

Forzando un po’ la mano, il protagonista di questa “storia” vive una situazione non troppo insolita in azienda, nelle riunioni interne o negli incontri tra fornitori e clienti: quello che comunichiamo, non sempre nella forma riesce a coinvolgere e a trattenere l’attenzione dell’audience. Con la conseguenza che, anche un ottimo contenuto, può essere penalizzato da un vestito noioso.

Dove sbaglia il nostro eroe mancato?

Forse nella modalità con cui plasma la sua comunicazione. Quello che gli manca è un flusso, è una struttura del discorso che tenga incollati gli interlocutori.

Un escamotage creativo, chiamato storytelling: un’impostazione molto usata nel campo del marketing e della pubblicità, utile per raccontare senza annoiare, per comunicare in modo incisivo e per convincere gli altri della validità di un’idea.

Un fenomeno che domina la comunicazione creativa e persuasiva.

Perché non adottarlo anche sul lavoro?

 

I racconti emozionali superano le barriere dell’attenzione

Quando ascoltate una presentazione fatta in maniera tradizionale, con descrizioni e argomentazioni, al termine del discorso ricorderete ben poco.

Si trattengono in memoria da due a sette informazioni contemporaneamente – dicono gli esperti di comunicazione – e se le persone sono già perse tra i loro pensieri, dell’intero speech conserveranno giusto un paio di passaggi.

La forma narrativa tipica dello storytelling, però, facilita il ricordo e tiene alta l’attenzione, generando aspettative sul finale. I racconti propongono schemi ricorrenti e variazioni sul tema (come ci insegnano gli studi sui miti condotti dall’antropologo Claude Lévi-Strauss) e muovono emozioni profonde, nell’alternanza di climax e momenti di distensione. Così il pubblico ascolta, gradisce, non dimentica.

 

Un eroe, un’avventura e un lieto fine: la fiaba incontra il business

Se pensate che lo storytelling sia un approccio fiabesco poco adatto al freddo mondo del business, vi sbagliate.

Lo storytelling, al contrario, può essere un’arma molto efficace per raccontare, ad esempio, lo sviluppo e il lancio di un prodotto, traendo spunto dalle celebri funzioni di Propp.

Tutti le abbiamo studiate: l’eroe, l’antagonista, gli “aiutanti magici”, gli ostacoli da superare, la sfida, la vittoria e la ricompensa finale.

In una presentazione l’eroe può essere un prodotto o un servizio che si avventura sul mercato oppure il team di persone che affrontano la sfida di progettarlo, promuoverlo, commercializzarlo. Mentre l’antagonista può essere il cambiamento del mercato o l’ingresso di un concorrente.

A voi il compito di guidare il pubblico verso il lieto fine.

 

Accontentate i gusti del pubblico con un approccio personalizzato

Ascoltereste più volentieri un freddo elenco di caratteristiche e di benefit funzionali o il racconto di come un nuovo prodotto possa risolvere una situazione critica? La risposta parrebbe scontata, ma attenzione: lo storytelling potrebbe non essere sempre una buona idea.

Un sondaggio condotto su diecimila manager dall’esperto di dinamiche aziendali Mark Murphy – autore di saggi bestseller e fondatore di Leadership IQ – ha evidenziato che per il 55% delle persone le storie risultano più persuasive di dati e fatti, mentre il 45% la pensa all’opposto.

E questa corposa minoranza va tenuta in considerazione.

Senza considerare che lo storytelling fa breccia nel cuore di una certa categoria di professionisti – tendenzialmente attivi nelle aree marketing, vendite e risorse umane – mentre allontana chi preferisce i numeri e oggettività – e quasi sempre si occupa di finanza, di Information Technology e di Operations.

Piuttosto che buttarvi sullo storytelling indiscriminatamente o di rinunciare a priori, quindi, adottate un approccio personalizzato: l’impostazione ideale varia in base a chi avete davanti.

Un trucchetto per capire quale stile adottare? Esordire con una semplice domanda: “Che cosa vorreste sapere da me oggi, più di ogni altra cosa?”. Dalla risposta potrete desumere se la vostra audience è affamata di numeri e spiegazioni o, invece, propensa ad ascoltare qualcosa di inaspettato.

 

Preparate un’alternativa, può sempre essere utile

Storytelling o presentazione classica?

Se non conoscete le aspettative dell’audience, per non sbagliare preparatevi in anticipo un “piano B”, utile nell’eventualità di dover correggere il tiro davanti a segni di disattenzione o noia. E tenete presente il saggio consiglio di Murphy: “Nel mondo del lavoro”, suggerisce l’esperto, “se l’unica persona che preferisce i dati è quella che può firmare l’assegno, allora non importa affatto che tutti gli altri amino le storie”.

A voi la scelta, dunque!

 

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