Ersilia Vaudo Scarpetta è laureata in Fisica all’Università La Sapienza di Roma ed in seguito ha lavorato nel Dipartimento di Cosmologia su esperimenti per la misura dell’anisotropia della radiazione di fondo cosmico. Attualmente è Capo del Policy Office, nel dipartimento di Strategia dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) a Parigi dove lavora dal 1991.
Durante la sua carriera all’ESA ha ricoperto varie funzioni, tra le quali quelle relative alle attività di coordinamento nella direzione dell’Esplorazione e Volo Spaziale Umano, elaborazione di politiche e strategie per il settore spaziale in Europa e supporto alle decisioni su programmi spaziali futuri. Ersilia Vaudo ha inoltre lavorato quattro anni all’ufficio di Washington DC dell’ESA dove era incaricata dei rapporti con la NASA e del liason dell‘ESA con il Canada e gli Stati Uniti. E’ stata membro del Board of Directors of Women in Aerospace.
1. In cosa consiste esattamente il tuo lavoro e quali sono le sfide maggiori che devi affrontare ogni giorno?
L’Agenzia Spaziale Europea (ESA) è la porta di accesso allo spazio per l’Europa. La sua missione consiste nello sviluppo delle capacità spaziali europee e nella garanzia che gli investimenti effettuati per la conquista dello spazio continuino a produrre vantaggi e ricadute positive per tutti i cittadini europei.
ESA è un’organizzazione internazionale, con 22 Stati Membri. Grazie alla coordinazione delle risorse finanziarie e intellettuali dei suoi membri, l’Agenzia è in grado di intraprendere programmi e attività ben superiori a quelli possibili alle singole nazioni europee.
Il compito dell’ESA è quello di delineare il programma spaziale europeo e quindi di dargli attuazione. I progetti dell’Agenzia sono concepiti per scoprire quanto più possibile sulla Terra, l’ambiente spaziale circostante, il Sistema solare e l’Universo in generale, ma puntano anche allo sviluppo di tecnologie e servizi satellitari e alla promozione delle industrie europee. L’ESA collabora inoltre, attivamente, con le organizzazioni spaziali extra-europee.
I 22 Stati Membri dell’ESA sono: Austria, Belgio, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Norvegia, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Romania, Regno Unito, Repubblica Ceca, Spagna, Svezia, Svizzera e Ungheria. La Slovenia è Membro Associato. Il Canada partecipa ad alcuni progetti in base ad un accordo di cooperazione.
Bulgaria, Cipro, Lettonia, Lituania, Malta e Slovacchia hanno degli accordi di cooperazione con l’ESA. Discussioni sono in corso con la Croazia.
In poche parole, ogni giorno, in ESA, professionisti provenienti da 22 Paesi con lingua, cultura e background differenti, si ritrovano per collaborare insieme. Ognuno, apportando il proprio contributo in maniera originale e confrontandosi, è quindi stimolato a pensare in maniera diversa, outside the box, e a arricchire le proprie posizioni di punti di vista differenti. Credo sia questo il vero valore aggiunto, professionale e umano, di un’esperienza lavorativa di questo genere.
Nello specifico e in qualità di Policy Officer, mi occupo innanzitutto delle relazioni con i ventidue stati membri, attraverso uno scambio sistematico su tutte le questioni che facilitano la preparazione delle decisioni programmatiche e strategiche al Consiglio dell’ ESA. Per fare un esempio, lo scorso dicembre a lucerna in Svizzera si e’ svolta la Ministeriale 2016 dell’Agenzia Spaziale Europea, dove i ministri competenti per il settore spaziale di 22 paesi europei ed il Canada hanno discusso ed approvato la politica ed il budget per gli anni 2017/21. L’obiettivo principale era individuare la migliore strategia per i programmi sui vettori spaziali europei al fine di garantire all’Europa l’accesso allo spazio. Inoltre, andavano prese alcune decisioni sulle attività di esplorazione spaziale, tra cui il proseguimento della partecipazione dell’ESA alle missioni della Stazione spaziale internazionale (ISS) fino al 2024 e la conferma della missione Exomars su Marte nel 2020. I ministri hanno inoltre stabilito gli obiettivi per l’evoluzione dell’ESA e il suo ruolo nella politica spaziale europea. La ministeriale di lucerna e’ stata un grande successo, se si considera che si e’ deciso di investire nei programmi futuri 10.3 miliardi di euro. Il mio ruolo, accanto a quello dei miei colleghi, e’ stato soprattutto quello di contribuire alla preparazione di questo risultato, attraverso una serie di riunioni preparatorie ed incontri bilaterali ad hoc per risolvere in anticipo ogni possibile problema o dubbio.
La minsiteriale ha anche dimostrato che, nonostante la situazione economica sia ancora difficile, lo spazio continua ad essere un settore strategico, ma soprattutto un motore di crescita economica. Il concetto di Space 4.0 che ha siglato il lavoro della ministeriale racchiude questo messaggio. L’ ESA, come ogni pubblica amministrazione moderna – ha la responsabilita’ della creazione di valore per la societa’. La creazione di valore, che significa essere in grado di influenzare e sostenere le condizioni che permattano alle tecnologie del futuro di far fiorire nuovi mercati e sostenere quindi una crescita sostenibile. In altre parole si tratta di accompagnare la ricerca spaziale lungo una traiettoria di innovazione, incoraggiando l’innovazione e la creazione di start-up verso nuovi business.
Un altro aspetto del mio ruolo, consiste nel mantenere un Osservatorio sugli stati membri, per avere una comprensione sempre aggiornata e profonda degli sviluppi politici, in particolare in relazione alle questioni spaziali, per poterne anticipare le conseguenze e proporre eventuali soluzioni.. Le analisi dell’Osservatorio, realizzate dal mio team, sono la base per dei report e position paper che poi presentiamo settimanalmente al Direttore Generale e al Top Management dell’ESA.
Ancora, rappresento l’ESA presso l’ ESPI (European Space Policy Institute), un think tank internazionale che si trova a Vienna, che effettua ricerca e studi sulle politiche e le strategie spaziali, al fine di promuovere attività e programmi spaziali europei, presso i decision makers governativi, pubblici e privati.
Tutti i diversi ruoli che svolgo, di fatto, hanno in comune la sfida di riuscire a comprendere prospettive differenti, che sono legate alla molteplicita’ di culture e priorita’ nazionali e su questa base saper costruire un rapporto di fiducia e recirpoca comprensione per lavorare insieme verso l’ obiettivo comune che e’ quello di una relata’ Spaziale Europeo forte e competitiva .
2. Quale è stato il momento professionale più bello e quello più difficile che hai vissuto?
Il momento più difficile della mia carriera professionale risale al 2003, quando, sempre per l’ESA, ero di base a Washington. Con il mio collega, avevamo vissuto l’ emozione di essere presenti al lancio dello shuttle Columbia, un lancio che aveva oltretutto un significato particolare, in quanto per la prima volta sarebbe andato in orbita un astronauta israeliano, portando con se testimonianze della Shoah. Quel giorno eravamo tutti molto emozionati, al Kennedy Space Center, accanto ai colleghi della NASA e le famiglie degli astronauti. Purtroppo, al rientro, il 1° febbraio 2003, il Columbia esplose. Fu un’esperienza umana – prima ancora che professionale – terribile. Ma quel sabato, che ci ritrovammo a condividere quel dolore enorme con i colleghi della NASA, fu anche tra i piu’ intensi della mia carriera.
Il momento più bello, invece, risale al 2014, quando dopo un viaggio di dieci anni la sonda Rosetta è arrivata paziente e puntuale al suo appuntamento, a 500 milioni di km dalla Terra, con una piccola, piccolissima, cometa, dalla forma a “paperella” e un nome impronunciabile 67P/Churyumov–Gerasimenko. E qualche mese dopo, il 12 Novembre, dopo aver effettuato piu’ di un miliardo di calcoli per trovare la traiettoria giusta, ha fatto atterrare su quel sasso polveroso e ghiacciato di 4 km, il suo Lander Philae, il primo “piede”(robotico) posato dall’uomo su una cometa. E’ il risultato di una straordinaria cooperazione europea e della sua eccellenza tecnica e scientifica, ma anche del coraggio di provare a fare cosa mai fatte prima, paradigma assoluto e motore di innovazione.
3. Cosa significa per te il termine “leadership” e come cerchi di portarla quotidianamente all’interno del tuo ambiente lavorativo?
Leadership è riuscire a trasmettere il senso di appartenenza verso un obiettivo comune, un sogno condiviso da realizzare grazie al contributo di tutti.
Uno stile di leadership top down, autoritario e direttivo, non mi appartiene. Preferisco fare tesoro dei suggerimenti e dei contributi dei miei collaboratori, incoraggiando su ogni aspetto scambi onesti e costruttivi. Cerco anche di delegare responsabilita’, nei limiti del possibile, offrendo quindi a tutti la possibilita’ di crescere e di conoscersi meglio attraverso l’ esposizione a situazioni complesse. Credo anche molto nel valore di una bella risata, di momenti di leggerezza necessari a rendere il team piu’ forte di fronte a situazioni di pressione.
Penso inoltre che sia importante sapere incoraggiare punti di vista diversi, il counter-thinking, poiché cosi’ ci si avvicina a cio’ che ancora non c’e’, e ad immaginare quindi il futuro.
4. Cosa significa per te il termine “innovazione” e come cerchi di portarla quotidianamente all’interno del tuo ambiente lavorativo?
L’innovazione, per me, è riuscire a percorrere dei sentieri non prestabiliti e non ancora tracciati: anche in questo caso, innovare è saper spaziare e muoversi tra punti di vista e concezioni delle cose anche molto diversi, persino agli antipodi a volte. Innovare non deve essere un’ossessione, come oggi alcune volte sembra accadere soprattutto in alcuni settori, ma deve essere il risultato di dinamiche naturali, derivando dal progressivo espandersi della propria visuale sul mondo, proprio grazie al confronto con gli altri.
5. La tua citazione preferita?
La mia citazione preferita è del poeta austriaco Rainer Maria Rilke: “Il futuro e’ dentro di noi, prima ancora che accada”. E uno dei miei motti è “never take a no for an answer”, ovvero, non ascoltare chi dice che e’ “impossibile” riuscire a realizzare la tua idea. Bisogna imparare, per diventare leader, a non avere filtri nell’interpretazione degli eventi, a pensare quindi in modo diverso e, se serve, contro corrente. In fondo, il mondo del lavoro, come la vita, è anche frutto delle energie positive e negative derivanti dalle relazioni con gli altri ed è opportuno imparare a navigarle entrambe, al meglio.
Grazie mille Ersilia per il tempo dedicatoci e per l’interessante conversazione.
Benedetto Buono