Less is more? Sì, almeno quando si parla di dimensione dei team di lavoro.
È facile intuire come, in un’azienda votata alla produttività e all’efficienza dei processi, più agili sono le squadre, più veloci e scorrevoli sono i flussi gestionali e decisionali.
In un’epoca segnata dal low-cost e dalla volatilità, in cui aumentare quote di mercato o incrementare il mark-up sembra essere un’utopia, l’unico modo per crescere è quello di snellire le attività e ridurre gli sprechi, così da ottenere un risultato in breve tempo. Un progetto di innovazione, ad esempio, va ideato e sviluppato speditamente, per cogliere un’esigenza di mercato immediata. L’idea per un nuovo prodotto, poi, richiede importanti sforzi economici in ricerca e sviluppo, che vengono vanificati se il cantiere di lavoro s’incaglia tra le terre paludose degli “ok a procedere”.
Snellire i processi, quindi, è una missione cruciale, ma complessa, per tutte le Company, specialmente per quelle di grandi dimensioni: i cosiddetti carrozzoni, composti da gruppi di lavoro molto ampi, connessi tra loro e legati da rigide logiche gerarchiche, non favoriscono di certo la velocità aziendale.
All’interno di questi team numerosi e stratificati i progetti risalgono, come salmoni, la corrente delle approvazioni, mettendo a repentaglio la loro sopravvivenza: ad ogni sponda un predatore è pronto a rigettare l’idea o, semplicemente, il torrente è troppo tortuoso da percorrere e il progetto si arresta, rinunciando ad arrivare alla foce.
Tutt’altra storia quando si parla di team piccoli: leader e dipendenti sono costantemente a stretto contatto e lo scambio comunicativo, così come i processi decisionali, è più rapido e agile. Con il risultato che un progetto, anche complesso, può vedere la luce più velocemente, con meno tempo – e quindi denaro – sprecato.
Sembra un controsenso, dunque, ma un leader che vuole puntare alla crescita deve sperare di poter guidare una squadra piccola, poco numerosa ed essenziale nei ruoli e nelle figure professionali. Quanto piccola? Piccola come “due pizze”, direbbe il numero uno di Amazon Jeff Bezos: tradotto, un team che non può essere sfamato da due pizze, secondo il CEO statunitense, è già troppo numeroso per essere considerato produttivo. Possibile? La storia imprenditoriale mondiale dice di sì: la Volkswagen Golf GTI, ad esempio, è il frutto del lavoro di un team di 8 persone, mentre WhatsApp – che oggi serve quasi 500 milioni di utenti – è stato realizzato da poco più di 30 professionisti.
Addio Big Company e grandi organizzazioni multinazionali?
No: basta replicare, anche nelle grandi Società, le dinamiche che connotano i gruppi ristretti, ripetendone le best practice.
Ecco 5 regole per rendere efficaci anche i grandi team, copiando i trucchi dei più piccoli.
1. Appendere le presentazioni al chiodo
Sono lunghe, spesso inspiring e sempre ricche di informazioni. Le presentazioni tradizionali sono uno strumento per racchiudere, in un documento digitale, tutti i dettagli di un progetto. Ma quanto tempo richiedono per essere pensate, costruite, modificate e perfezionate graficamente? E quale valore aggiunto possono portare realmente?
Sappiate che il balance tra sforzo e resa è nettamente a sfavore dell’efficienza: una presentazione è un clichè time consuming. E le aziende più piccole ne fanno a meno, portando gli interlocutori intorno ad un tavolo e discutendo direttamente il progetto con una presentazione live, costruita a penna su un foglio in real time.
Per trasportare questo concetto nel ventunesimo secolo, sappiate che potete contare su lavagne digitali e su strumenti di coworking e piattaforme di content sharing – come Slack o Symphony – perfetti per mettere insieme i team e favorire lo scambio. Cosa otterrete da questo switch nei processi di condivisione delle informazioni? Più velocità e flessibilità, e meno spreco di tempo e risorse.
Curiosi di saperne di più?
Riprendiamo il discorso nella seconda parte di questo articolo: rimanete in ascolto.
Lucio
Molto interessante ma distinguerei tra piccoli team e tipologie di lavori. Sicuramente per fare grandi o grandissime cose non solo in modo efficiente ma soprattutto efficace sono necessari team piccoli magari dalla professionalità altissima.
E penso ad esempio alla Mckinsey italiana di 50 o 60 anni fa che, con meno di 20 risorse, risolveva problemi strategico-organizzativi per mezza Italia, Quando però i problemi non sono solo qualitativi ma anche con tantissima operatività (come nella parametrizzazione di un sistema informativo o in una importante ristrutturazione aziendale di una grande impresa su tutti i processi) allora i team si devono ingrossare e diventa rilevante motivare e conoscere le persone ad occhiate. In questi casi i veri leader (secondo Me) si distinguono perché con pochissimi contatti sanno motivare e capiscono dove, come e quando tagliare (se necessario). Qui, oltre alla sapiente attività con il team da doppia pizza, è necessario anche una superiore capacità leaderistica di comprensione, valorizzazione, reindirizzo e riorganizzazione di grandi o grandissimi gruppi di persone (che implicano strumenti di conoscenza delle persone più complessi e, secondo me, più innati e meno acquisibili, di quelli segnalati e suggeriti in questo articolo assai interessante di spiritoleader).