“Si parte tutti dallo stesso traguardo e ce la fa chi lo vuole veramente”. Così Olga Iarussi ha inaugurato il primo di una serie di interventi e lecture che terrà agli allievi Executive MBA del MIP Politecnico di Milano.
Entrata in Triumph International nel 2007 come Direttore Commerciale e divenuta successivamente Amministratore Delegato per l’Italia, dal 2012 ricopre la carica di Amministratore Delegato per il Sud Europa. Olga Iarussi ha maturato una significativa esperienza nell’ambito Sales & Marketing in aziende leader del settore FMCG: 12 anni in Procter & Gamble dove arriva a ricoprire il ruolo di responsabile europeo Trade Marketing PetFood e successivamente 5 anni in Heinz Company nella divisione Trade Marketing e poi nella divisione Sales per gestirne le complesse organizzazioni commerciali.
Laureata in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali all’Università Sapienza di Roma, Olga Iarussi è sposata, ha tre figlie, due cani e vive a Milano.
Valentina Goglio, Head of Marketing & Recruitment Executive Masters, l’ha intervistata per #Spiritoleader dopo il suo intervento.
1. Come hai raccontato in aula ai nostri allievi EMBA, cosa hai imparato dalla tua esperienza professionale?
Ho imparato che è necessario essere molto tenaci ma pronti al fallimento, per riuscire ad accettarlo al meglio e rialzarsi poi più forti di prima. Trovare la forza di rialzarsi è sicuramente l’aspetto più difficile ed è strettamente collegato alla determinazione nel perseguire i propri obiettivi.
Nei momenti più difficili non bisogna perdere la propria autostima, così come nei momenti di successo è necessario non sentirsi invincibili.
Bisogna mantenere sempre il focus sull’obiettivo, mettendo in fila un passo dopo l’altro fino a tagliare il traguardo, come in una maratona.
2. Nel nostro blog chiediamo spesso ai Top Thinker e Manager come definiscono il termine Leadership, a questo proposito hai detto si vince o tutti o nessuno?
La Leadership è per me la capacità di far lavorare il proprio Team al massimo, con passione ed entusiasmo, oltrepassando la pura razionalità professionale.
Per far sì che questo accada il Team deve perseguire un obiettivo comune, ambizioso e misurabile. Il Leader deve avere idee chiare, trovare la giusta empatia con ciascuno dei propri collaboratori, mostrare loro rispetto e assumersi le proprie responsabilità.
Con “Tutti o Nessuno” intendo dire che se raggiungiamo l’obiettivo comune abbiamo vinto tutti, collettivamente, mentre perdiamo tutti nel momento in cui non lo raggiungiamo. I successi individuali, seppur importanti, non danno un complessivo valore all’azienda.
3. Hai sottolineato l’importanza della digital disruption anche recentemente su HBR..
Una delle caratteristiche chiave dei CEO è quella di guardare il mondo con occhio critico, anticipando i trend e al contempo preparando Azienda e Organizzazione a cambiamenti e nuovi scenari. La digitalizzazione è una realtà in continua evoluzione da cui – con lungimiranza, umiltà e coraggio – possiamo ottenere vantaggi competitivi sul mercato. Questa disruption implica nuovi equilibri aziendali, con una sempre maggiore attenzione alla diversity intesa come stretta collaborazione tra dipendenti con lunga esperienza in azienda e giovani nativi digitali, insieme per perseguire l’obiettivo comune di cui parlavo prima.
Tutto questo necessita di una forte leadership da parte della classe dirigente, la quale deve per prima credere nel cambiamento.
4. Come si può valorizzare la Diversity in un’organizzazione?
Con fatti concreti prima ancora di tanti proclami. Con grande rispetto di tutte le professionalità e valorizzando il contributo che tutti possono apportare.
5. Qual è il confine tra autostima e sicurezza di sé?
E’ un confine sottile tra il me e l’io. La sicurezza di sé – spesso apertamente ostentata – può degenerare nell’arroganza, nell’autoreferenzialità e quindi nell’io.
La persona che ha autostima conosce le proprie aree di forza, le proprie debolezze e cerca di migliorarsi continuamente. Ha capacità di ascolto, chiede per capire, accetta la discussione e i diversi punti di vista. Ha un me maturo e forte che dimostra “sul campo” con risultati concreti e costanti. Un sorriso determinato vale più di un pugno sulla scrivania.
6. Quali sono le sfide per un CEO?
Credo sia importante porre sempre grande attenzione al mercato e alle evoluzioni della società, anticipando cambiamenti e trend. Il rischio che noi CEO corriamo è di diventare autoreferenziali, limitando la visione al nostro brand, alla nostra azienda; in questo modo guardiamo alla realtà come vorremmo che fosse e non com’è veramente.
Pensiamo alla grande crisi che abbiamo vissuto nel 2008: da allora abbiamo dovuto anticipare l’evoluzione del consumatore in questi anni. Lo shopping behaviour è in continuo cambiamento, il solo modello retail è già passato e lo stesso e-commerce si è evoluto su mobile e App. Non dobbiamo mai perdere di vista il mondo in cui viviamo.
7. Nasciamo tutti resilienti?
Io penso che lo spirito di autoconservazione, di cui tutti gli esseri viventi sono dotati dalla nascita, sia alla base della resilienza. Quest’ultima, nutrita dall’esperienza, ne è solo l’evoluzione, che ci porta a saper distinguere tra Area of Influence e Area of Concern: cioè la capacità di identificare ciò che posso influenzare, su cui devo lavorare e risolvere, da ciò che non posso influenzare, che quindi crea inutili e frustranti preoccupazioni.
Una volta identificate, devo allontanare dalla mia mente l’Area of Concern, mantenendo quindi freddezza e lucidità per raggiungere i miei obiettivi.
8. Qual è il valore aggiunto per diventare A.D.?
Ci sono ottimi Manager, altamente specializzati nelle loro funzioni, che difficilmente potranno diventare A.D. in quanto troppo focalizzati sui propri tecnicismi.
L’A.D., pur non essendo un esperto di ogni area aziendale, deve saperle orchestrare tutte al meglio, spronandole al raggiungimento del risultato comune.
9. Gli allievi ti hanno chiesto consigli sulla gestione del tempo per chi ha anche famiglia.
Sì, mi ha sorpreso la loro curiosità e ho apprezzato la sincerità nel mostrare preoccupazione per la gestione carriera-famiglia.
Mi ha fatto piacere poter condividere quello che ho imparato, spesso a mie spese: si fa carriera solamente con l’appoggio dell’intera famiglia perché se questa non collabora si generano discussioni e frustrazioni dannose per tutti.
E’ importante fare scelte chiare: se per noi la carriera è importante, dobbiamo accettare che non sia possibile cenare tutte le sere con i propri figli, che la sera spesso si rincasi tardi e che talvolta si debba viaggiare. Questo va vissuto senza sensi di colpa, ma una volta a casa dev’essere un piacere dedicarsi alla famiglia, coinvolgendoli e raccontando loro anche del nostro lavoro, perché la complicità e l’appoggio del proprio partner sono fondamentali per raggiungere questo equilibrio. Per sintetizzare: fare scelte chiare, no ai sensi di colpa e il partner dalla nostra parte.