Matteo Radavelli, JCT School

Business e sport, due mondi contrapposti? Affatto, soprattutto quando si parla di leadership. A spiegarlo nel consueto appuntamento settimanale è lo #spiritoleader Matteo Radavelli, psicologo clinico e trainer JTC School, oltre che mental coach proprio in ambito sportivo.

Partiamo dalla seconda parte del suo intervento: 

…ciò che i grandi leader possono imparare ancora dal mondo dello sport è che per avere davvero un team di successo è necessario sviluppare altri leader all’interno del gruppo stesso, senza difendere a spada tratta la loro posizione, ma anzi condividendo esperienze e insegnamenti.

Grazie a Bianca Scheller, manager HR in John Crane, ci siamo già soffermati sul come costruire e rafforzare la motivazione di un team di lavoro, elencando tra le altre la necessità di rendere autonomi i propri collaboratori.

Seguendo il filo logico e approfondendolo, ecco il concetto di leadership condivisa. In che cosa consiste? Come applicarlo nel modo più efficace? Ma soprattutto: è sempre valido?

Sul blog dell’Harvard Business Review Marshall Goldsmith definisce la leadership condivisail progressivo affidamento di potere ai singoli membri di un team, ai quali viene data l’opportunità di prendere le decisioni nel proprio ambito di attività

I collaboratori e i gregari diventano essi stessi dei leader, ai quali è gradualmente delegata, oltre alla fase più operativa, quella del decision making, in contrapposizione all’esercizio “classico” della leadership.

Come spiegato da Pearce e Conger nel libro “Shared Leadership”:

…mentre i modelli tradizionali di management si fondano sul potere calato dall’alto, il concetto di empowerment pone enfasi sul decentramento del potere stesso. Ciò perché i lavoratori che hanno un contatto diretto quotidiano con i problemi sono anche quelli più indicati per risolverli.

In che modo avviene questa transizione? La parola chiave è empowerment. Affidare potere, certo, ma anche responsabilizzare, rendere autonomi, incentivare l’iniziativa senza timore del giudizio o dell’errore.

Un esempio concreto tratto da un articolo di qualche anno fa del Corriere della Sera, su alcune pratiche Google raccontate dallo stesso AD Eric Schmidt:

Assumiamo 370 persone ogni mese, vuol dire più di dieci nuovi dipendenti al giorno. Ma poi li organizziamo in piccoli team di tre o quattro persone, all’interno dei quali lavorano caoticamente», spiega il manager”. Con l’obiettivo di lasciare libertà per inseguire le proprie idee, ma anche rendere ciascuno responsabile del proprio lavoro, senza costrizioni dall’alto.

I vantaggi sono evidenti, due in particolare:

Maggiore efficienza

Pensate a un’azienda nel bel mezzo dello sviluppo di un nuovo prodotto tecnologico. Chi dovrebbe coordinare il gruppo di lavoro durante la fase progettuale, un ingegnere o un direttore marketing?

Ovviamente, il primo. Ma una volta passati alla fase di definizione della strategia di marketing, dovrebbe essere ancora l’ingegnere a coordinare le attività e prendere le decisioni finali? Affidando la leadership di volta in volta al più qualificato, le decisioni prese e il flusso da cui esse derivano risulterà migliorato.

Valorizzazione del talento

Condividere la leadership significa responsabilizzare, come già detto. Proprio dal loro approccio alle responsabilità possono emergere i veri talenti, in grado di condurre il gruppo al risultato coordinando le risorse e motivandole nei momenti di difficoltà. Consentendo anche al leader designato di concentrarsi su altri aspetti non meno importanti.

Sviluppo di una leadership condivisa non significa però mancanza di una guida o, peggio, completa anarchia. Come afferma ancora Craig Pierce sul Wall Street Journal, implementarla non è un processo facile, rapido o universale.

C’è chi potrebbe cercare di trarre vantaggio dalla situazione per emergere a ogni costo, generando rivalità nel gruppo. O più semplicemente, c’è chi non è in grado di esercitare alcuna leadership perché privo delle doti o della formazione adatta.

C’è perfino chi, come l’AD Poste Italiane Francesco Caio, dubita dell’efficacia della leadership condivisa in cambiamenti particolarmente rilevanti.

Sarà comunque il leader in capo, a dimostrare di esser tale, coordinando le risorse fino a veder sviluppata la corretta mentalità di reciproco supporto che rende la leadership condivisa un modello vincente.

Nello sport come nelle aziende!

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