#12 Massimo Cappato, Revevol

Ci vuole sempre un pizzico di follia per fare una cosa del genere, per lasciare una carriera, il concetto tradizionale di “lavoro sicuro”, ammesso che di questo si possa parlare, per iniziare da zero, ci vuole passione e voglia di mettersi in gioco.

Lo #spiritoleader di questa settimana, Massimo Cappato, ha avuto il pizzico di follia necessario e l’ha messo in pratica, trasformandolo in una azienda – Revevol – che oggi fattura oltre 12 milioni e si è affermata in diversi paesi.

Lasciare il proprio lavoro per diventare un imprenditore significa mettersi in gioco, abbandonare gradualmente le certezze, contrastare i possibili fallimenti, e investire sempre più risorse – economiche e non – nella nuova attività.

Decidere è però forse il passo più complesso. In questo approfondimento cercheremo di offrire qualche spunto di riflessione a riguardo. È meglio un taglio netto o un passaggio graduale? Meglio inseguire ambiziosi progetti o puntare sulla propria professionalità? Ma soprattutto: quando è opportuno rischiare, e quando è opportuno desistere?

Il rischio “calcolato” dell’imprenditore

Le scuole di pensiero sul tema dell’abbandono del precedente posto di lavoro per avviare un’impresa sono sostanzialmente due: quella graduale e quella drastica. Ognuna con proprie valide argomentazioni, naturalmente.

Nel primo caso si fa giustamente presente che i guadagni di un’impresa non sono immediati. E che, salvo ingenti risorse alle quali attingere, è necessario prevedere periodi di vacche magre. Non si tratta però (solamente) di un mero calcolo economico.

Chiudere una porta alle spalle può essere fatto con gradualità e garbo, quasi senza far rumore, o in modo energico e irruento, col pericolo di rompere qualcosa. Un network di relazioni con superiori e colleghi, ad esempio. Potenziali futuri clienti, o soci.

Il suggerimento migliore è probabilmente quello letto in un post di FastCompany: la tecnica di Tarzan

Cambiate carriera come Tarzan passa da una liana all’altra. Non mollate la vecchia finchè la nuova non è in grado di supportarti completamente. Allo stesso tempo, non perdete l’attimo.

Per coloro che sostengono la tesi “estrema”, invece, il problema è l’opposto. Spendere tempo nella vecchia professione è deleterio per il proprio sogno imprenditoriale, perché non consente di viverlo appieno.

Il tempo impiegato nel proprio lavoro è tempo sottratto al business, che ne rallenterà lo sviluppo e che impedirà di cogliere ogni possibile opportunità (o minaccia, guardandola in ottica pessimistica).

L’eccessiva sicurezza, poi, non dà quella adrenalina da “tutto o nulla”, di chi tira fuori il meglio di sé nelle situazioni “spalle al muro”.

A pensarla così sono alcuni degli esperti consultati da Businessweek per un articolo sul tema, convinti che sia meglio lasciare tutto alle spalle e inseguire i propri sogni. Senza sbattere la porta, beninteso!

Dovrei prendere questa decisione?

Quale miglior consiglio di quello offerto da Richard Branson, uno dei più celebri e “vistosi” imprenditori self made, sulle pagine di Entrepreuner? Il fondatore dell’impero Virgin è convinto che in ognuno di noi alberghi un po’ di spirito imprenditoriale, e il potenziale per avviare qualcosa di proprio. Benché non sempre sia opportuno assecondarlo.

Prima di scegliere, bisogna assicurarsi di aver preso in considerazione ogni possibile aspetto della questione. Cambiamo perché siamo davvero convinti del nostro progetto, o perché le cose non vanno bene nel lavoro che attualmente svolgiamo? Siamo pronti ad assumerci da soli il carico della responsabilità, o è opportuno cercare dei soci?

Prima di fare il passo decisivo è indispensabile inoltre stilare un business plan dettagliato, un documento in cui sia stato sviscerato ogni aspetto – anche minimale – della propria futura attività imprenditoriale.  Suggerimento da non sottovalutare, in questo senso, arriva da Caroline Rust sulle pagine del Guardian: fare ciò che sapete fare bene, e fatelo in modo semplice:

…le persone sottovalutano lo sforzo necessario per condurre un business efficacemente. Certo, essere un mago degli aspetti finanziari, un guru del marketing o un superbo commerciale aiuta, ma è davvero tanto, troppo. I prodotti e i servizi non si vendono da soli, quindi a meno di avere risorse per assumere esperti, è meglio puntare su ciò che si sa fare al meglio.  

Naturalmente, le competenze possono essere acquisite anche attraverso canali differenti dall’esperienza professionale. Un percorso di formazione executive completo dà moltissimi degli strumenti necessari a un neo imprenditore e, come visto negli scorsi giorni è un ottimo banco di prova per testare la bontà della propria idea di business.

In conclusione

Desideriamo chiudere con un’altra citazione dal video del nostro #spiritoleader, quella che meglio rende lo spirito dell’imprenditore – leader:

Il leader in azienda è la persona che, come nel gioco del rugby, sfonda la resistenza avversaria e soltanto dopo passa la palla a qualcun altro nella propria squadra, di cui quale si deve fidare ciecamente. Non ho mai visto un leader avere successo mandando qualcuno in avanscoperta, standosene al calduccio aspettando di vedere i frutti e i risultati della propria attività.

Cosa pensate di questa tematica? Ritenete che sia più efficace abbandonare il proprio lavoro per passare all’attività imprenditoriale, o gestire entrambe contemporaneamente fino a vedere maturare la seconda?

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