#9 Manuela Olivo, Accenture Italia

Lo #spiritoleader di questa settimana è, per la prima volta, di colore rosa. Manuela Olivo, Service Delivery Lead di Accenture e alumna del formato serale EMBA MIP 2011, svela ai nostri lettori quali sono le caratteristiche personali e le competenze che l’hanno portata ad occupare un ruolo strategico nella multinazionale della consulenza aziendale, fatturato di 27 milardi di dollari e oltre 250.000 dipendenti, 10.000 solo in Italia.

Il suo caso di successo non è comune. Le donne che riescono a raggiungere posizioni di rilievo negli organigrammi aziendali sono purtroppo una netta minoranza, ostacolate da un lato dalla necessità di conciliare la vita professionale con quella familiare, dall’altro da una cultura aziendale tendenzialmente maschile.

Una situazione ben descritta dalla frase “lavorare il doppio per ottenere la metà del riconoscimento”, che rispecchia le attuali opportunità di carriera dell’universo femminile.

Per una donna è spesso necessario dimostrare “qualcosa in più” dei colleghi uomini, soltanto per ottenere un analogo riconoscimento, talvolta perfino inferiore.

Volendo sfatare qualche mito, e spiegare in modo più dettagliato dove e perché la leadership femminile vada perduta, riprendiamo una serie di illuminanti post che qualche mese fa Business Insider pubblicò sul proprio sito internet, ad opera di Bob Sherwin, COO della società di consulenza Zenger Folkman.

Le donne sono leader migliori, parlano i numeri

Il primo, inconfutabile fatto, è che più si salgono i gradini della gerarchia aziendale, meno donne si incontrano. La ricerca condotta da Zenger Folkman mostra come la forza lavoro femminile sia ormai attestata sul 54% del totale delle nuove assunzioni, ma rappresenti soltanto il 4% dei ruoli CEO, e decresca di livello in livello.

Apparentemente senza motivo, dato che sempre la stessa ricerca mostra come l’efficienza complessiva delle donne in questi ruoli sia superiore rispetto agli uomini (54.5 contro 51.8), che cresca nel corso degli anni più di quanto non accada per i colleghi di sesso maschile (soprattutto dopo i 40 anni il gap diventa notevole), che riguardi quasi tutti i settori (12 sui 14 analizzati dalla ricerca) e che riguardi tutti i livelli (le donne sono ritenute più efficienti in media di 5 punti rispetto agli uomini).

Un gap spiegato, oltre che dalla qualità del lavoro e dalle capacità personali, anche dal fatto che le donne tendono a richiedere più spesso un feedback ai loro superiori. Il che, naturalmente, permette loro di migliorare più rapidamente di chi – gli uomini – si fida troppo delle proprie capacità.

A maggior ragione, rimane la domanda: perché quel 4% alla voce “donne manager”?

Tre possibili risposte alle poche donne manager

Sherwin racchiude le motivazioni in 3 categorie principali, spiegandole con altrettante possibili affermazioni alla domanda di fondo:

  • “non desidero ottenere quel ruolo”
  • “non riuscirò ad avere successo in quel ruolo”
  • “non riuscirò ad accedere a quel ruolo”

Sulla prima, uno studio McKinsey del 2012 conferma come non sempre le donne desiderino occupare dei ruoli di maggiore responsabilità in azienda, o per lo meno il loro desiderio sia inferiore rispetto a quello degli uomini. Esattamente della metà, 36% contro 18%. Insomma, bene fare carriera, ma nella vita non esiste solo l’ambizione professionale.

Più controversi e problematici gli altri 2 aspetti. Quel “non riuscirò” non deriva dalla scarsa autostima, ma da altri e ben più pragmatici problemi. La cultura aziendale ad esempio, che tende a premiare maggiormente gli uomini. La scarsità di role models da cui attingere un concreto esempio di successo professionale. Il network di relazioni, spesso insufficiente a spingere più in là la carriera.

Infine, le barriere che l’organizzazione della quale operano pone, più o meno consapevolmente. Non è un mistero che le donne guadagnino meno e debbano lavorare di più per ottenere lo stesso riconoscimento degli uomini, a parità di livello. I dati della Giornata europea per la parità retributiva, ripresi sul Corriere della Sera da Antonella De Gregorio, mostrano come in 70 minuti una donna guadagni quanto un uomo in 60, e mette in tasca 80 centesimi ogni 100 dei propri colleghi.

Un divario in lenta riduzione, ma pur sempre esistente, al quale si aggiungono gli ostracismi dei superiori (spesso uomini, come visto), che distribuiscono le promozioni agli uomini perché “una donna non accetterebbe mai un trasferimento” o “perché potrebbe preferire la famiglia alla carriera”.

Infine, lo stile di leadership, differente tra uomo e donna , che in quest’ultimo caso viene definito “inadeguato”da chi poi assegnerà le promozioni. In nove casi su dieci, un uomo.

Una situazione statica? No, affatto. I modelli positivi non mancano, e Manuela Olivo ne è esempio. Molti degli ostacoli segnalati possono essere superati da un’adeguata preparazione accademica, costruendo un network solido di relazioni, facendo leva sulle soft skills e su differenti modelli di leadership.

L’analisi perciò non finisce qui. Nel prossimo post approfondiremo le caratteristiche della leadership femminile, e come questa possa essere valorizzata per una carriera ai più elevati livelli.

(4) commenti

  1. Grazie per la bella iniziativa! Spero contribuirà a diffondere esempi e creare la cultura della nuova leadership femminile. A palazzo marino abbiamo premiato 18 donne dirigenti e alti potenziali che hanno dimostrato di saper creare valore con un nuovo stile di leadership. Forza alle donne nuove!

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    • Ciao Paola!

      grazie per il tuo contributo e la tua testimonianza! Continueremo a dare voce alla leadership al femminile anche nelle prossime settimane con nuove testimonianze di donne che ne hanno saputo cambiare i paradigmi e qualche spunto per chi mira a farlo. Seguirci su questo blog e sui social 🙂

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  2. Giuseppe Simonetti, EMBA 2011

    …solo una precisazione, Manuela è alumna EMBA2011…per me è stato un piacere ed un onore averla conosciuta ed aver condiviso non solo il percorso di studio ma una fase della nostra vita!

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    • Ciao Giuseppe!

      grazie del tuo intervento e della tua segnalazione, abbiamo subito provveduto a correggere l’errore. Nella tua esperienza, qual è stato il valore aggiunto dell’EMBA?

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