Come comunica un leader?
Ci sono due tratti caratteristici della buona comunicazione del buon leader. Il primo è la capacità di essere essenziali. Chi sta attorno a un leader chiede semplicità, e il leader restituisce semplicità.
E’ capace di prendere un concetto complesso e articolato e trasformarlo in modo essenziale e semplice a beneficio di chi gli sta attorno.
Il secondo tratto caratteristico della buona comunicazione del buon leader è l’ingaggio emotivo. Il buon leader è dotato di intelligenza emotiva, riconosce le emozioni che stanno intorno a lui, le rispetta e le rispecchia.
Qualche volta basta anche una parola, una metafora, un’immagine, un riferimento a una storia di successo, una storia eroica, di chi gli sta intorno, per generare sintonia e consenso
Lorenzo Cavalieri è consulente, formatore e Managing partner in Sparring. Ma è anche uno #spiritoleader, che ha saputo mettersi in gioco, credendo in se stesso e nelle proprie capacità. All’inizio della carriera, tanta gavetta ed esperienza sul campo, rafforzate da tanto studio e formazione, incluso un Executive MBA MIP nel 2003. Fino a diventare egli stesso un capo, un leader.
Scoprendo sulla propria pelle quanto sia un lavoro difficile e faticoso. Per svolgerlo al meglio, il giusto background di doti comunicative ed emozionali è cruciale: un buon capo sa comunicare in modo sintetico ed efficace, ma sa anche mettere in campo la propria intelligenza emotiva.
L’intelligenza emotiva, in sintesi
Per quanto fosse già stato precedentemente esplicitato, il primo a rendere celebre questo concetto fu lo psicologo e giornalista Daniel Goleman, nel saggio Intelligenza emotiva (Emotional Intelligence: Why It Can Matter More Than IQ). Sempre Goleman, 3 anni dopo, applicò il concetto di Intelligenza emotiva all’organizzazione aziendale in un articolo sulla rivista Harvard Business Review, frutto di approfonditi studi sull’esercizio della leadership nelle aziende.
L’Intelligenza emotiva può insomma essere considerata a pieno titolo una componente dell’intelligenza umana, benché slegata da quella più logica e razionale, da quiz di misurazione del QI.
È quel mix di qualità che ci permettono di controllare le nostre emozioni, di capire ed immedesimarci nel prossimo, di gestire le responsabilità senza venirne schiacciati, di fare squadra, nel significato più genuino (e meno inflazionato!) del termine.
L’intelligenza emotiva è individuabile in atteggiamenti come:
- la fiducia in se stessi e l’autoironia
- la calma, anche sotto pressione, e la capacità di cambiare opinione, quando è necessario
- il costante orientamento al successo, ma anche la capacità di imparare dai propri errori
- l’immedesimazione nel prossimo e la valorizzazione delle altrui qualità
- l’attitudine al lavoro di squadra e al coordinamento delle risorse, senza prevaricare o sminuire
L’intelligenza emotiva spinge la carriera
Forse è inutile rimarcarlo, ma l’intelligenza emotiva è un aspetto fondamentale in qualsiasi contesto lavorativo – a maggior ragione quando si ambisce a ruoli di leadership – tanto da diventare tra le qualità più ricercate dai selezionatori del personale.
Qualche tempo fa CareerBuilder ha pubblicato i risultati di una ricerca a riguardo:
- il 34% dei manager, soprattutto nel periodo post-crisi, valuta l’intelligenza emotiva nei processi di assunzione o promozione con ancora maggiore enfasi rispetto al passato
- il 71% la reputa più importante del semplice quoziente intellettivo
- il 59% dei selezionatori non assumerebbe chi raggiunge un QI elevato ma con un basso livello di intelligenza emotiva.
Capire il perché non è complicato. Immaginate un impiegato dispotico, incapace di ammettere i propri errori, o ancora peggio di comunicare con i suoi colleghi.
Quali risultati pensate che riuscirà a ottenere con suo gruppo di lavoro, e quindi per la sua stessa azienda? Quali probabilità ci saranno, per lui, di allargare la rete di contatti interna ed esterna all’azienda, per ottenere una promozione o un incarico di responsabilità?
Allenare la propria intelligenza emotiva è possibile
Come ben afferma un recente articolo di FastCompany: l’intelligenza emotiva è in grado di predire, con ottimo grado di approssimazione, il proprio destino professionale. Eppure non è da considerare in modo eccessivamente rigido.
Può migliorare, soprattutto grazie alla maturità e l’esperienza. Può perfino essere “allenata” – così come possono esserlo le capacità logiche e di analisi – attraverso un’analisi dei propri punti di forza e debolezza, un adeguato coaching e tanto esercizio.
Tenendo sempre a mente la regola numero uno: i migliori leader sono i migliori nel capire e gestire se stessi.
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Hummer
Consigliatissimo il libro di Goleman, l’ho letto qualche anno fa per un esame all’uni ed è davvero scorrevole, oltre che interessante
Sergio
A proposito di leader ecco un articolo interessante pubblicato da Ilsole24ore: “Davos, ecco i 214 giovani leader del futuro. La metà sono donne. Solo due gli italiani” http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2014-03-12/davos-ecco-214-giovani-leader-futuro-meta-sono-donne-solo-due-italiani-223622.shtml?uuid=ABkvof2&fromSearch
redazione
Grazie Sergio! Ottimo contributo