Luca Colombo, Country Manager Facebook, è stato uno degli ospiti d’eccezione dell’Executive MBA del MIP. L’incontro con gli studenti del Politecnico di Milano, infatti, ha rappresentato l’occasione per approfondire i temi legati alla cultura aziendale e alle dinamiche che guidano, day by day, l’intera macchina operativa della realtà numero uno al mondo nel segmento dei social network. Durante la lezione Colombo ha spiegato come l’affermazione su larga scala di Facebook sia principalmente legata alla capacità di comprendere le necessità degli utenti che desiderano connettersi alla rete, assecondandole con strumenti sempre innovativi e completi, in grado di adattarsi costantemente alle loro abitudini, in costante mutamento.
La connessione e la connettività per Facebook, e non solo, hanno da sempre rappresentato concetti ad ampio respiro, sintetizzabili all’interno di un quadro dinamico in grado di garantire agli utenti e agli utilizzatori della piattaforma il massimo livello di condivisione possibile. Una condivisione che, rispetto ai primi anni di vita dei social network, si è evoluta affiancando alla natura iniziale di luogo di contatto tra privati, un più ampio coinvolgimento da parte delle aziende che oggi sono stabilmente integrate all’interno di un virtuoso processo di socialità informale, diretta e molto efficace.
In questo modo, il valore aggiunto che si è venuto a creare, sia per gli utenti che per le imprese coinvolte, ha permesso di utilizzare i social, e più in generale l’innovazione tecnologica, per sfruttare opportunità di business fino a qualche anno fa impensabili, indispensabili per rilanciare la crescita economica globale.
I dati riportati dal Country Manager di Facebook parlano chiaro: solo nel 2014 l’indotto economico generato dal colosso lanciato da Zuckerberg 11 anni fa, è stato di circa 227 miliardi di dollari, pari a poco più di 200 miliardi di euro. Se a ciò si aggiunge il grande impatto occupazionale derivante dalle attività di Facebook, con circa 4,5 milioni di posti di lavoro creati, è di per sé chiaro come le aziende operanti nel mondo digital e 2.0 rappresentino il reale motore di ripresa per l’economia mondiale.
Le opportunità create lo scorso anno da Facebook, come sottolineato anche dal Telegraph, hanno dato una spinta significativa all’intero mercato economico internazionale. Gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, grazie ad un impatto economico di 100 e 11 miliardi di dollari rispettivamente, hanno fatto registrare numeri davvero interessanti, ma è anche tutto il resto d’Europa ad aver beneficiato del boost globale fornito dal social di Menlo park, diventato nel tempo una vera e propria piattaforma marketing oriented. La possibilità di creare pagine personalizzate e di indirizzare la pubblicità verso un target specifico di utenti, infatti, rappresentano solo alcuni degli strumenti capaci di ridurre il divario tra azienda e consumatore, in un’ottica smart di massimizzazione delle vendite e dei fatturati.
Il fenomeno è vivo anche in Italia: dei 227 miliardi di dollari di indotto generati da Facebook, oltre il 2,5% riguarda il nostro Paese, con un livello economico pari a 6 miliardi di dollari. Inoltre, anche sul fronte occupazionale, tema molto caldo soprattutto per i giovani del Belpaese, il rapporto che Deloitte ha stilato per conto del social network, traccia numeri rilevanti, con circa 70 mila posti di lavoro messi a disposizione solo in Italia.
Così come accade per Facebook, sono tutte le realtà del settore tech a rappresentare il futuro dell’economia internazionale. La grande crescita del segmento ICT negli ultimi anni ha avuto fortissimi impatti sul sistema economico mondiale, come testimoniano i driver individuati dal WEF, utili per spiegare la natura di questa sinergia virtuosa tra innovation e sviluppo globale. Il proliferare su larga scala della tecnologia ha permesso, su tutti, di creare nuovi posti di lavoro: un Paese, un continente, un’economia possono considerarsi ricchi quando il lavoro è disponibile e quando ogni tipo di business può beneficiarne. Non solo: l’avvento dei new business ha permesso anche di trasformare l’idea tradizionale della forza lavoro, storicamente centralizzata, decentrando alcuni tipi di attività anche nei Paesi emergenti, riducendo i costi operativi e dando un’opportunità di crescita alle nuove economie internazionali, aprendo le porte ad un sistema in grado di creare un indotto da centinaia di miliardi di dollari.