Innovazione distruttiva: le “strambate”!

A cura di Dhebora Mirabelli e Alessio Muccini

Per decenni abbiamo visto il mercato, i nostri clienti, i nostri fornitori come filiera tutti coinvolti a soddisfare la disequazione tra domanda ed offerta.

Questa è sempre stato la madre di tutte le leggi.

Se questa era a vantaggio della domanda, tutti a spingere sulle vendite sulla produzione per aumentare il fatturato con la speranza di aumentare anche le quote di mercato.

Se questa era a vantaggio dell’offerta, tutti a contenere i costi, a limitare le produzioni ad efficientare.

La vita del business era come una regata scandita da memorabili strambate. Le innovazioni hanno spesso rappresentato per il mercato vere e proprie abbattute o virate di poppa che possono essere causa di molteplici fattori.

Per capire come proteggersi dal vento o dal moto ondoso che ha azzera la velocità della nave producendo la strambata o abbattuta, dobbiamo comprendere l’origine e di questi fenomeni e se esistono formule e rimedi che possono riportarci nuovamente in posizione sul mercato.

Joseph Schumpeter ci parlava di Distruzione Creatrice per spiegarci come in un’ ottica capitalistica il mercato era solo illusoriamente statico dove i players producevano sempre gli stessi beni e utilizzavano sempre le stesse tecnologie in modo che la concorrenza fosse regolata solo dal prezzo.

La realtà dimostrava come i produttori a passi più o meno regolari con diversi processi tecnologici e organizzazione del lavoro immettevano nuovi prodotti facendosi concorrenza sul paradigma innovazione.

Il mondo reale ci regala in questo campo storie di vincitori e vinti.

Gli esempi possono essere molteplici.

Passando dal concetto di distruzione creatrice a quello di Innovazione Distruttiva e indagando come sia difficile delineare la linea di demarcazione tra queste per un manager che deve rischiare e fare una manovra “di salvataggio” quando il contesto e la modernità deve assumere già il carattere del “post” prima che altri competitors se ne accorgano e forse anche prima che i consumatori ne percepiscano l’esigenza.

La “strambata” per un velista azzera la velocità della sua barca e costituisce battuta di arresto! Ma d’altro canto per chi riesce a districarsi, la manovra è dotata di quell’equilibrio che determina la proporzione tra mezzi e azione. In caso di rischio, gli consente di mantenere velocità costante mentre cambia direzione.

Di quali mezzi ci dotiamo per affrontare il rischio distruttivo del repentino cambiamento tecnologico? Smettiamo di ricercare il punto di equilibrio sufficiente a sostenerci?

Rinunciamo ai diritti sociali e individuali in nome del progresso che Creativo o Innovativo?

Non conta neanche, in questi termini, se il nuovo modello è più proficuo per chi lo ha messo in piedi, conta che questo erode lo spazio generato e magari protetto da immensi investimenti dei precedenti players.

Quindi come ci si protegge da un punto di vista sociale oggi da un incontrollato e nervoso meccanismo di rinnovamento che è il fattore di mutamento economico più potente delle rivoluzioni, grandi guerre e di fattori esogeni sociali, politici e demografici come ci ricorda Schumpeter?

Come proteggiamo i fabbisogni sociali rispetto la post-modernità?

Quello che è certo è che in un mondo in cui le strambate si susseguono ansiosamente e che ogni strambata costa in skill e processi da acquisizione e messe a punto oltre che di chiusure e azzeramento di personale e “valore umano e know-how” di una società non si può prescindere da un buon funzionamento delle leggi e delle istituzioni.

Nel secolo scorso Schumpeter scriveva con una forte speranza del determinante ruolo dello Stato del sistema creditizio e finanziario. In essi vedeva possibili correttori delle disfunzioni delle crescite meramente finanziarie dei mercati a favore dello sviluppo reale.

I fallimenti e le crisi mondiali determinati in gran parte proprio dal funzionamento distorto dei sistemi creditizi e finanziari oltre che dal mal funzionamento delle leggi e delle istituzioni hanno, di fatto, evidenziato l’incapacità di cambiamento spingendo il nostro sistema verso una regressione in termini di sviluppo sociale.

Tutto questo forse perché è lo stesso il fine ultimo (il mero profitto meramente economico) che spinge il privato all’innovazione e allo sviluppo incontrollato di quello che ha spinto Istituzioni e Mondo creditizio e finanziario?

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