Il segreto per gestire al meglio un team è il radical candor

Il segreto per gestire al meglio un team è il radical candor

Un leader ispirazionale e talentuoso sa guidare il suo team al successo con sincerità.

Comunicare con il gruppo, condividere informazioni, stimolare i membri a dare il massimo, incoraggiarli nei momenti di difficoltà, senza bugie e dietrologie: è anche dalla trasparenza nei rapporti che dipende la buona riuscita di un’attività, di un progetto e, più in generale, la salute di una company.

A sostenerlo è Kim Scott, tra le più stimate business women moderne: durante la sua esperienza professionale in Google ed Apple, la Scott ha sviluppato una teoria innovativa, a tratti anticonformista, certamente poco politically correct, ma a quanto pare, molto efficace.

Secondo Kim Scott, un leader per ottenere il massimo dal suo team, dovrebbe essere pragmatico e diretto nei feedback verso il team, senza timore di apparire cattivo o pretenzioso. Insomma, i manager più virtuosi dovrebbero essere portatori sani di “radical candor”. È così che Kim Scott ha definito – in estrema sintesi – la sua teoria fuori dagli schemi.

Per suonare le giuste note dello spartito del radical candor bisogna essere demanding, non maleducati. Perché sia realmente efficace, questa strategia di gestione del team deve poggiare su basi estremamente solide: non a caso, tra le condizioni indispensabili per il successo del radical candor non può mancare un rapporto di fiducia tra il leader e i membri del suo team.

Chi utilizza il radical candor come alibi per sfogare crudeltà gratuita sui propri dipendenti, ha già perso in partenza. Il radical candor è da interpretarsi come un salto di qualità che solo le company ed i leader virtuosi possono fare: l’ambiente fiduciario ed il rispetto reciproco sono gli ingredienti fondamentali per una ricetta unica e distintiva, dove la sincerità paga davvero.

È in questi contesti – in cui il leader è profondamente stimato dai membri del suo team – che le critiche dirette possono giovare al gruppo, facendo crescere e migliorare ogni componente. Attenzione, però: i giudizi devono essere espressi in privato, con il solo obiettivo di far compiere un reale upgrade – personale e professionale – ai dipendenti. Per le congratulazioni, invece, siate più liberi: quando i task sono chiusi nei tempi, con proattività e impegno, sarà un piacere per i dipendenti ricevere i vostri complimenti in pubblico.

Non siete ancora così convinti della validità degli insegnamenti di Kim Scott? Provate a pensare alle possibili alternative.

Se il radical candor è la sintesi virtuosa di interesse verso il team e di challenge diretto, la relazione tra queste due variabili può portare a modelli di leadership diversi:

1. Alto interesse verso il team, ma assenza di feedback diretti.

Questo atteggiamento è definito da Kim Scott come ruinous empathy e caratterizza i leader sinceramente interessati al benessere del team che, tuttavia, non muovono critiche al gruppo per timore di ferire qualcuno.

 

2. Basso interesse verso il team e challenge diretto.

Definito come obnoxious aggression, questo comportamento, mancando di empatia, rende ogni critica un attacco frontale, riducendone l’aspetto costruttivo.

 

3. Basso interesse verso il team e assenza di feedback diretti.

Non c’è limite al peggio: pensate alla manipulative insincerity – l’esatto opposto del radical candor – che caratterizza i reali “bad leader”. In questa categoria entrano coloro che non dicono nulla, non danno feedback, non richiedono particolari standard di lavoro, e al tempo stesso, mostrano totale disinteresse nei confronti dei membri del gruppo. Insomma, nessuna possibilità di crescita e niente soddisfazioni.

 

Che dite: vale la pena impegnarsi a fondo per raccogliere tutti i frutti del radical candor? Kim Scott – ma anche noi – siamo convinti di sì.

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(2) commenti

  1. Sono una persona fondamentalmente ingenua e quindi portata alla sincerità ed alla fiducia verso il prossimo. Non ho difficoltà a riconoscere gli errori e a confrontarmi sugli errori degli altri. Pertanto non posso che condividere. Ma. Mi viene un dubbio. Quanto è realmente sincero e disinteressato questo stile di leadership? Voglio dire Kim ha ottenuto dei profitti dal suo comportamento? Sicuramente si, è con lei le società perle quali lavora. Ed i suoi collaboratori? Che benefici hanno avuto e in che misura? Insomma è possibile che questi comportamenti non nascondano qualcosa di subdolo? Kim si comporta nello stesso modo fuori dal contesto lavorativo, per esempio in famiglia o con il cameriere al ristorante o il medico, il parrucchiere? Fino a dove arriva la trasparenza e la sincerità e dove invece subentra lo strumento psicologico per ottenere (forse anche in maniera non pienamente consapevole!) Il proprio tornaconto?
    Sono stato volutamente provocatorio per stimolare il confronto su un tema che oggi sembra molto di “moda”, il modello di leadership, ma che personalmente affronto molto seriamente e consapevolmente.

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  2. Come regola generale il Leader deve essere stimato, non temuto. Se è temuto evidentemente non è un leader, ma un capo poco efficace nel medio lungo periodo.

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