Impegni che si moltiplicano, organici che si riducono all’essenziale, sfide professionali ogni giorno più intense. A tutto questo, con un po’ di fatica, si può fare l’abitudine. Rimane però il problema: come coniugare un’agenda zeppa di appuntamenti – professionali e non – con le legittime ambizioni a fare carriera, ad ampliare il proprio bagaglio di conoscenza o anche semplicemente ad aggiornarsi per tener il passo della concorrenza, interna ed esterna?
Negli ultimi anni la risposta ha queste domande ha assunto la forma di un acronimo. MOOC, ossia Massive Open Online Courses. Citando Wikipedia, si tratta di corsi online aperti, pensati per una formazione a distanza che coinvolga un numero elevato di utenti. Formazione universitaria e di specializzazione, offerta a distanza grazie alle più innovative tecnologie informatiche.
Barbara Millucci, sul Corriere Economia numero 9 dello scorso 10 marzo, fa il punto della situazione, tracciando la genesi e l’evoluzione di questo fenomeno formativo. Diffusissimi in America, sempre più presenti anche in Europa e in Italia, i MOOC erano appena 100 nel 2012, ma in un anno sono diventati 700. Come a dire che ogni giorno ne sono nati altri due, e per il 2014 si prevede di raggiungere quota 1200, con oltre 340 università coinvolte.
Oltre a quella dei corsi “aperti”, è interessante constatare la crescita dei MOOC di formazione post universitaria, master online e corsi d’aggiornamento professionale, destinati a chi vuole investire sul (proprio) capitale umano alla ricerca un avanzamento di carriera, o per quelle lungimiranti aziende che desiderano valorizzare i propri migliori talenti. La formazione ha un costo in questo caso, e non solo in termini monetari. Bisogna perciò saper scegliere con grande attenzione.
Più l’offerta è ampia, più risulta complicato separare il grano dalla crusca, i corsi che davvero danno valore da quelli che rappresentano una bella esperienza formativa, e poco più. Ci sono dei parametri sui quali basare la propria preferenza? Naturalmente sì, eccone alcuni.
Scegliere un’istituzione riconosciuta e credibile
Un primo necessario discrimine è tra le scuole con una solida storia di formazione e quelle che non possono vantare un’altrettanto consistente curriculum. Il prestigio dell’istituzione erogante è valutabile con gli stessi criteri che si userebbero offline, ma occhio anche al valore legale del titolo di studio rilasciato, e che il legame con il mondo del lavoro e dell’impresa sia ben saldo. Più il master online offre esperienze concrete provenienti dalle aziende, meno il corso rimarrà meramente teorico.
Ottenere un rapporto il più possibile one-to-one con i professori
L’esperienza con i MOOC di A.J. Jacobs, recentemente raccontata sul New York Times, è complessivamente da B (quindi ampiamente sufficiente), ma crolla a un mediocre D su un punto: il rapporto professori – alunni. L’elevata qualità della formazione è spesso inversamente proporzionale alla possibilità di interazione, sia con i docenti che con gli altri studenti. Più che naturale, si dirà, in classi formate da centinaia di studenti virtuali.
Almeno per quanto riguarda i master post-universitari online, più ristrette e selettive sono le classi virtuali, migliore sarà l’interazione tra essi e il docente, più coinvolgente e utile sarà l’esperienza formativa.
Flessibilità, non solo nei tempi e nei modi di fruizione
I MOOC garantiscono un certo grado di flessibilità nella didattica, sia che si tratti di lezioni pre-registrate, sia che si svolgano in orari e giorni più “scarichi”. Accanto a questa, però, è importante valutare altre forme di flessibilità. Quella di poter rimodulare alcuni elementi programma sulla base delle proprie esigenze professionali, ad esempio, o l’arco temporale sul quale verrà spalmata la frequenza del master online.
In sintesi
la tecnologia ha fatto evolvere la forma e le modalità di fruizione dei master. Ciò che non cambia, e non cambierà mai, è la necessità di dare sostanza a queste scelte con programmi completi e calibrati, professori competenti e presenti. In una frase, il master online deve avvicinarsi il più possibile all’esperienza che si vivrebbe offline. E il prossimo #spiritoleader, tra qualche giorno, ci spiegherà come questo può avvenire e sta avvenendo.