Gestendo bene il proprio tempo il leader emancipa il team

Gestendo bene il proprio tempo il leader emancipa il team

Siete sommersi di richieste, non riuscite a portare a termine il lavoro, vi sembra che il tempo non sia mai abbastanza? Forse nelle vostre giornate in ufficio ci sono troppe interruzioni e distrazioni.

Alcuni leader tendono a voler accentrare su di sé ogni responsabilità, ma così facendo erodono il tempo da dedicare ad attività a maggior valore. Come raccontato da Maura Thomas, consulente esperta di time management (autrice di saggi sul tema ed editorialista di Harvard Business Review, Forbes, The Wall Street Journal, Huffington Post e altre testate), molti dirigenti d’azienda faticano a “scollegarsi” dal proprio team e finiscono per lavorare ininterrottamente o quasi.

E quel che è peggio è che le attività a scarso valore aggiunto, spesso, cannibalizzano quelle più strategiche.

Per questo la consulente suggerisce quattro tecniche di corretta gestione del tempo e della “disponibilità” a relazionarsi con i collaboratori.

1. Lasciateli liberi di imparare (e di sbagliare)

Un’azienda cresce se i suoi componenti crescono con lei, dunque il mentoring è uno tra i compiti più importanti per chi guida una squadra. Tuttavia, il vero insegnamento non sta tanto nelle lezioni impartite a priori, quanto nel confronto delle esperienze.

Le persone imparano di più quando sono lasciate libere di agire, di avere successo e di fallire. “Quali problemi avete affrontato questa settimana, e come li avete gestiti?”: così potrebbe cominciare una produttiva riunione con lo staff.

2. Mettete dei paletti

A volte per i membri di un team è difficile capire quale sia il raggio d’azione entro cui muoversi. Fino a che punto i collaboratori sono liberi di prendere decisioni? Possono agire di propria iniziativa oppure no? Meglio chiedere aiuto, farsi da parte?

Esplicitando chiaramente quali siano i confini delle loro responsabilità aiuterete i membri dello staff a lavorare meglio, alleggeriti dall’incertezza e dalla paura di sbagliare. E voi sarete a vostra volta alleggeriti dai compiti che avrete delegato.

3. Tenete la porta aperta, ma non sempre

Offrire alla squadra di lavoro disponibilità e ascolto asseconda la filosofia della “porta aperta”, che rinuncia alle barriere (anche psicologiche) tra la stanza del capo e l’entourage. Spesso, tuttavia, si sbaglia nell’interpretare questo approccio come l’obbligo di lasciare costantemente spalancata la famosa “porta”, concreta o metaforica che sia. Un esempio potrebbe essere la reperibilità telefonica senza limiti di orario che concedete ai vostri collaboratori.

Sarebbe meglio, invece, programmare delle finestre di tempo o delle occasioni settimanali in cui discutere di progetti e problemi: così non sarete continuamente interrotti nel vostro lavoro, mentre i collaboratori impareranno ad assumersi maggiori responsabilità.

Utile è anche prendere l’iniziativa, periodicamente, chiedendo alla squadra come proceda il lavoro. Se l’azienda è grande, potrebbe essere una buona idea relazionarsi a persone che facciano da tramite fra voi e la base.

4. Scomparite ogni tanto…

Non è una provocazione: essere indisponibili per brevi periodi può tradursi per i vostri collaboratori in un’occasione di crescita. Magari l’avete sperimentato (ed è l’esempio fatto da Maura Thomas): siete fuori ufficio per una trasferta o per un meeting, non controllate la posta elettronica per diverse ore e, quando aprite l’inbox, vi ritrovate una serie di messaggi dallo stesso mittente. Un vostro collaboratore che prima vi chiede come risolvere un problema, magari insistendo, ma che finisce poi per cavarsela da solo. Nell’ultima sua email dice che non importa più, che ha trovato una soluzione.

L’esempio spiega la dinamica di rafforzamento delle responsabilità e lo sforzo di inventiva a cui i collaboratori sono sottoposti quando non ottengono immediato riscontro. Al contrario, se il capo si sobbarca ogni minimo problema e diventa il referente per qualsiasi richiesta, è facile che la sua squadra diventi “pigra” e poco indipendente.

 

Imparare a delegare e liberarsi dall’ossessione del controllo non è facile per alcuni leader. Ma una strategia di corretta gestione del tempo è benefica per tutti: voi sarete più produttivi e focalizzati sul valore aggiunto, mentre i vostri collaboratori potranno diventare più responsabili e maturare professionalmente.

Un commento

  1. Trovo l’articolo un po’ superficiale perchè alla base di ogni tipo di delega secondo me vi deve essere la valutazione del potenziale e delle capacità espresse o esprimibili dai collaboratori. Quindi prima di abbandonare la nave e vedere come se la cavano direi di fare una bella valutazione delle potenzialità di ciascuno e poi investire tempo e denaro per fare crescere ciascuno secondo un disegno che sia coerente con le esigenze dell’azienda e la valorizzazione del potenziale dello stesso. Le Ricette aprioristiche che non calano sulla realtà lavorativa e sul potenziale dei collaboratori mi sembrano sterili ed un modo superficiale per scaricare sui collaboratori la propria responsabilità di Leader e di Buon Capo in genere. Quanto all’accentramento di tutte le attività operative è ovvio che è tipica di un Mediocre Manager che non si fida dei collaboratori e che (secondo Me) nemmeno li conosce tanto bene, perchè se non fosse così non cadrebbe negli errori segnalati di sovrasaturazione del lavoro. Quindi prima di adottare i trucchetti segnalati (che sono anche un po’ ridicoli secondo me) sarebbe buona prassi investire tempo per conoscere potenziale e limiti dei collaboratori e lavorare sulla formazione (soprattutto di valori e di esempi) dei membri del team (che secondo me andrebbero sempre prima di tutto considerati dei cari fratelli o quantomeno dei buoni amici salvo conclamata opposta dimostrazione).

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