Che Internet e i social media stiano cambiando il modo in cui le aziende comunicano con la propria customer base non è certo una novità. Abbiamo spesso avuto modo di confutare questa affermazione attraverso alcuni studi rilanciati su #spiritoleader e le opinioni dei nostri testimonial.
Per passare dalla teoria alla pratica, oggi raccontiamo la paradossale vicenda Domino’s pizza. Risale a qualche anno fa, ma è ancora piuttosto attuale nei contenuti e nella morale.
Uno scherzo di pessimo gusto
Era il 2009 quando due dipendenti di Domino’s, la catena di pizzerie statunitense più ampia al mondo, forse annoiati dalla routine del lavoro dietro il bancone, misero su uno scherzo che definire pesante è eufemistico.
Mentre Michael Setzer farciva un sandwich col formaggio che aveva appena usato come fosse un kleenex – e questa è forse la parte meno disgustosa di ciò che fece – Kristy Hammonds lo filmava col suo telefonino commentando divertita il fatto che quello stesso sandwich sarebbe stato di lì a poco consegnato e mangiato.
I due burloni decisero anche di rendere partecipe il resto del mondo condividendo il proprio lavoro su Youtube. Dapprima poche visualizzazioni. Poi, in un classico effetto domino (perdonate il gioco di parole), ecco che aumentano gli zeri del counter visite e fioccano i commenti. Soprattutto quelli preoccupati dei clienti abituali Domino’s.
Il video raggiunge così gli occhi dei dirigenti della catena. Che cosa fare in questi casi? Mobilitarsi immediatamente e cercare di tranquillizzare la clientela o lasciare che tutto cada nel dimenticatoio sperando di non incappare in ulteriori conseguenze?
Ragionando in modo classico, il management decise di non intervenire pubblicamente nell’immediato, sperando che la ferita potesse riassorbirsi da sé e che il video passasse rapidamente di moda, così come lo era diventato.
Le dinamiche della Rete furono però inarrestabili. Impossibile zittire l’ondata d’indignazione, il silenzio venne anzi letto come un colpevole disinteresse.
La contromossa Domino’s
Domino’s in realtà non era affatto disinteressata. La task force per l’emergenza era già all’opera da 48 ore, analizzava la situazione e trovava le contro mosse 2 giorni, troppi per i tempi del web, ma sufficienti per evitare la catastrofe.
La prima mossa fu riprendere il dialogo con la customer base, nel modo più chiaro e trasparente possibile. Per farlo vennero scelti gli stessi canali sui quali si stava sviluppando la conversazione.
Domino’s aprì un apposito account Twitter dal quale tranquillizzò i clienti, e il CEO Patrick Doyle in persona comunicò, con un video Youtube di risposta, la chiusura e sanificazione del ristorante teatro dello scherzo, il licenziamento in tronco dei due burloni, la loro denuncia e la radicale rivisitazione della procedura di selezione del personale.
Il video tranquillizzò i clienti, l’hype lentamente si riassorbì e la vicenda si tradusse, paradossalmente, in una pubblicità positiva per Domino’s. Capace, seppure in ritardo, di intervenire efficacemente attraverso il suo massimo dirigente.
I 5 elementi determinanti di questa storia
I rapidi tempi del web
48 ore sono sufficienti per far visualizzare oltre 250.000 mila volte un video di Youtube. Una diffusione esponenziale, che si incrementa di ora in ora. Meglio tenerne conto quando si scatena.
Il silenzio non è sempre d’oro
massima attenzione alle proprie dichiarazioni, ma nel naufragio di una crisi aziendale lasciare che l’acqua fluisca nello scafo può essere perfino più deleterio che cercare di tappare la falla creatasi.
Comunicazione chiara
l’approccio Domino’s non è stato diplomatico o teso a minimizzare l’accaduto. L’errore è stato ammesso, le responsabilità assunte, le scuse porte, così come doveva essere dal primo istante.
Azione efficace
chiedere scusa è dovuto, ma non sufficiente. Per rimediare al danno d’immagine provocato dai due dipendenti sono state poste in essere altre misure correttive, dai criteri di selezione alla maggiore attenzione all’igiene.
La leadership in campo
a parlare è stato il CEO, non un addetto stampa. Lo ha fatto in modo limpido, porgendo le proprie scuse ma anche illustrando le azioni concrete intraprese.
Per saperne di più
ecco un’approfondita analisi del KAIST sulla vicenda, la sua evoluzione, le sue ripercussioni.