Durante la vostra esperienza professionale e didattica vi sarete spesso interfacciati con grandi personalità del mondo del business.
Importanti manager, con una formazione affilata e puntuale, con anni di carriera alle spalle, con ruoli di prestigio detenuti in grandi Companies.
Persone carismatiche ed estremamente magnetiche, preparatissime.
Ma – c’è sempre un ma – a ben guardarli, il loro curriculum così impressionante non è del tutto sufficiente a renderli veri leader, ossia professionisti in grado di influenzare i team di lavoro, abili nel guidare una squadra al successo, meritevoli di riconoscimento e acclamazione.
Questa sensazione, in effetti, ha delle basi di verità: manager, infatti, non è sempre sinonimo di leader.
Per fare il salto di qualità e passare dalla condizione di boss, autorevole, a quella di leader, motivante, preparazione ed esperienza non sempre bastano.
Servono altre qualità, spesso soft skills, che talvolta fanno parte del DNA del professionista, ma che più frequentemente si possono imparare con una buona dose di forza di volontà ed impegno.
Scopriamo insieme quali sono le 3 chiavi utili ad un manager per aprire le porte della leadership.
1. Condividere obiettivi chiari
Se avete lavorato con un classico manager, sapete quanto sia difficile avere consapevolezza della strategia di lungo periodo. Un manager tende ad assegnare al proprio team compiti tattici, orientati ad ottenere un buon risultato nell’immediatezza. Stimolante? Per niente. Un atteggiamento poco trasparente nel condividere il traguardo da raggiungere può essere, spesso, fonte di grande frustrazione e demotivare il team. Un leader, invece, eleva la discussione passando dal semplice task operativo alla condivisione dell’obiettivo ultimo dello sforzo richiesto. Un leader condivide sempre la visione comune, la missione da perseguire e coinvolge la squadra nel profondo richiedendo, per assurdo, un commitment ancora più elevato. Uno sforzo che sarà accettato di buon grado dal team, che si sentirà parte integrante del progetto.
2. Ispirare fiducia
Chiudete gli occhi e pensate a due persone che conoscete, sia dentro che fuori l’ambito professionale. Pensate ad un conoscente meticoloso, severo e rigoroso, spesso attento ad aspetti più formali che di contenuto, e affiancatelo, nell’immaginario, ad una persona competente, inspiring, aperta, meritevole di fiducia. A quale dei due andreste a chiedere un consiglio? Con chi vi sentireste più affiatati e motivati a dare il massimo? Molto probabilmente la scelta ricadrebbe sul secondo individuo: un filo sottile, fatto di sensazioni positive e circoli virtuosi, in grado però di influenzare sensibilmente la motivazione dei componenti di un team e guidarli verso il successo. Perché il potere, nel senso più classico del termine, in campo professionale non è sempre garanzia di fedeltà e commitment.
3. Creare valore
Una delle caratteristiche che distinguono un manager da un leader è l’approccio verso il valore e la sua creazione. Spesso, infatti, un manager è molto più interessato a valutare le performances del suo team, tenendo sotto controllo, attimo dopo attimo, la curva del valore creato. Analisi frequenti, verifiche serrate, supervisioni strette. L’obiettivo? Capire quanto il proprio team sta producendo, per poter spendere il dato all’esterno e acquisire reputazione e merito. Con la possibilità che, per fornire dati e report intermedi troppo frequenti, il team sia costretto a togliere tempo ed attenzione al lavoro principale, con un ovvio decremento della produttività.
Un leader, invece, durante il percorso sembra interessarsi meno ai risultati parziali e cerca di spingere il proprio team a dare di più, senza sottrarsi alle proprie responsabilità e alla fatica. Un leader affermato lavora sempre insieme alla sua squadra, dividendo i compiti, organizzando al meglio i task, per generare valore – e non per misurarlo.
Scommettiamo che al termine del percorso il leader e la sua squadra avranno ottenuto risultati più virtuosi?