Matisse: tra l’indifferenza alla prospettiva tradizionale e il coraggio alla creatività. Leader, “les fauves”?

Terzo appuntamento con gli approfondimenti a cura di Dhebora Mirabelli e Alessio Muccini, alumni del MIP EMBA – Roma nel 2012. Dopo il tema della delocalizzazione e dell’evoluzione della gestione delle risorse umane, ecco un post dedicato al coraggio del leader. Buona lettura!

La crisi ancora è troppo vicina per non lasciare i tratti evidenti della continuità anche in chi vorrebbe rappresentare la generazione di mezzo tirando fuori un nuovo carattere rivoluzionario creativo che sappia imporsi come innovazione personale e professionale.

Cosa ci salva allora?

Nei desiderata di Matisse la pittura doveva risollevare o sgravare l’anima, vincere la pesanteur esistenziale che quotidianamente ci schiaccia.

In un leader, le ritrovate speranze in cultura e professionalità dovranno essere capaci di fare lo stesso: restituire il vuoto ed eliminare i turbamenti dalla creatività e personalità di ciascuno affinché non abbiano più tempo e spazi particolari.

Che ci rimane da fare allora?

Diventare belve feroci e selvagge di creatività!

Proviamo a fare di ogni realtà, da noi ideata e riprodotta, visione della nostra espressione soggettiva e introspettiva: questa è la chiave dell’innovazione personale e professionale che oggi il mondo ci richiede.

Così come un segno può racchiudere il mistero di un’intera figura, un segnale di rinnovamento può lasciare intravedere il passaggio verso il progresso.

L’arte del management, come quella del pittore, non può mai consistere nella semplice messa in pratica della tecnica appresa.

Ci richiedono di riprodurre l’espressione sommaria, di cui ciascuno di noi sarà capace, trasformando le proprie idee in realtà, sollecitando le sensazioni negli altri e, soprattutto nel team, di tutto il sapere appreso e personalizzato.

Vedere è già un atto creativo che richiede impegno. Tutto ciò che osserviamo nella vita quotidiana subisce, più o meno, la deformazione prodotta dalle abitudini acquisite, questione forse più tangibile in un’epoca come la nostra, dove cinema, pubblicità e riviste ci impongono ogni giorno un cumulo di immagini già predisposte, che nell’ordine della percezione sono un po’ come il pregiudizio nella sfera dell’intelligenza. Lo sforzo che ci vuole per liberarsene esige una sorta di coraggio.

Questo coraggio, fondamento nell’artista, non può mancare nel leader.

La potenza della creatività si sviluppa attraverso la capacità di organizzare e armonizzare la relazione tra la realtà e la personalità nel mondo del lavoro.

Accettate da subito che come per “les fauves” anche per noi i nemici sono:

  • il divisionismo: in quanto capace di mettere a rischio la nostra libertà di espressione. Superiamolo in letteratura, geografia, in aula, in ufficio, tra gli amici e tra compagni.
  • la paura di diventare banali nella ricerca del mezzo più semplice: in ogni nuova sfida accettiamo la semplicità come abito mentale, un togliere tutto ciò che è superfluo per mirare invece all’autenticità di ciò che è essenziale per realizzare il nostro fine ultimo.

I mezzi che usiamo per dipingere non sono mai troppo semplici. Per parte mia ho sempre mirato a diventare più semplice. La semplicità assoluta coincide con la massima pienezza. Il mezzo più semplice libera al massimo della chiarezza lo sguardo della visione. Alla lunga solo il mezzo più semplice è efficace. Ma serve coraggio per diventare semplici, da sempre. Credo che nulla al mondo sia più difficoltoso. Chi lavora con mezzi semplici non deve temere di apparire banale..

Solo la completa conoscenza “della tecnica” della propria arte – il background, lo studio – e la sua interpretazione innovativa ed intima vi permetterà di uscire da un empasse ormai storicizzato.

  • Abbiate sempre in alto l’obiettivo di comunicare il vostro messaggio, non perché vostro ma perché utile alla causa comune.
  • Abbiate il coraggio di capire e imporre nuovo valore, decontestualizzato dall’ambiente per non essere vittima dell’ordine e, agli occhi ormai abituati, di ciò che ci appare “normale” quotidiano;
  • Analizzate il valore di chi vi circonda rinunciando ai tratti decorativi e allo studio scientifico dei rapporti gerarchici presenti nelle correnti meramente “impressioniste e simboliste” della società moderna;
  • Definite la strada per comunicare semplificando il messaggio pur non rinunciando all’astrazione ideologica, espressione di valori;
  • Guidate la squadra, consapevoli che i componenti possano non appartenere o esprimersi secondo canoni classici: arabesco musicale e danzante di diversità e integrazione.

Tutto questo vi renderà efficienti creando e realizzando; allontanandovi dal rischio di sovrapporre il romanticismo al pragmatismo: è il giusto equilibrio tra i due che determina “l’arte del saper fare”.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *