Nell’epoca dei Big Data è intuitivo pensare che siano le informazioni concrete e i dati quantitativi a orientare le scelte dei manager.
Ricerche, monitoraggi, survey, e analisi strutturate offrono alle Company una mole immensa di informazioni pronte da utilizzare sia per guidare l’impresa nel presente che per pianificare le azioni future.
Di fronte a questo mare di dati, però, i leader tentennano: la quantità di elementi da tenere in considerazione, il moltiplicarsi di variabili e lo scarso controllo della filiera produttiva che genera le informazioni, creano scetticismo.
E così, in un’era in cui è possibile controllare ogni dettaglio, grazie al supporto della tecnologia e all’accessibilità dei Big Data, i manager preferiscono agire d’impulso.
Lo afferma una recentissima ricerca condotta dalla Società di Consulenza internazionale KPMG, che ha raccolto le testimonianze di oltre 1.300 CEO attivi in più di 10 mercati mondiali.
Un campione consistente, rappresentativo e capace di fotografare il macro trend e l’impatto culturale, Paese per Paese, nel modo di interpretare il ruolo del manager.
Per prendere decisioni, ad esempio, 8 Amministratori Delegati americani su 10 scelgono di agire d’istinto e di farsi guidare dalle sensazioni.
La pensano allo stesso modo anche quasi 7 CEO su 10 di origini giapponesi e provenienti dal Regno Unito.
Al vertice opposto, invece, si classificano i manager francesi, di cui ben 1 su 2 preferisce affidarsi ai dati, concreti e scientifici, piuttosto che seguire l’intuito.
Intuito e social media: così decidono i manager di oggi
“Dobbiamo avere il coraggio di seguire il nostro cuore e la nostra intuizione. Tutto il resto è secondario.”
Chi può aver detto una frase di questo tipo? Di certo un manager classico, tradizionalista e lontanissimo dal mondo della tecnologia e dell’Intelligenza Artificiale.
Sbagliato: a credere nell’intuito come guida primaria delle decisioni aziendali era Steve Jobs, l’uomo che ha rivoluzionato il futuro portando l’innovazione nelle nostre mani.
E sono molti i manager che, come lui, prendono nota dei dati, leggono report e statistiche, ascoltano i risultati dei sondaggi…e poi decidono agendo d’esperienza e perspicacia.
Il motivo che negli ultimi 3 anni ha spinto quasi 1 manager su 7 a preferire l’intuizione ai dati?
La consapevolezza che la cultura e la professionalità acquisite negli anni non possono venire del tutto rimpiazzate dal progresso tecnologico e, soprattutto quando servono velocità e reattività, il fiuto e la sensibilità per il business possono dare la spinta alla decisione latente.
Bene raccogliere informazioni e lavorare sui Big Data per trarne insight di mercato, ma attenzione a non subire la pressione dell’AI a tutti i costi e a non venire fagocitati dalla complessità e dalla ricchezza di stimoli.
Il rischio di seguire esclusivamente i dati prima di prendere una decisione cruciale per il business? Di essere spinti a conclusioni sbagliate e di seguire correnti molto potenziali su carta, ma poco realistiche nei fatti e, quindi, incapaci di esplodere in reali fenomeni di consumo.
Meglio selezionare bene le fonti da cui trarre spunti di riflessione, scegliendo quelle più attendibili: come i social media, che piacciono ai manager perché raccolgono i dati direttamente dai consumatori e, grazie ad accessibilità e immediatezza, generano fiducia.
Oltre a preferire le informazioni scaturite dalla viva voce dei clienti e del target – rispetto, ad esempio, alle ricerche ufficiali commissionate dagli enti pubblici – i manager data-scettici tendono a basarsi più sulle informazioni storiche piuttosto che sui modelli previsionali.
Insomma: quando si tratta di decidere, esperienza batte innovazione.
Siete d’accordo?