Far quadrare i conti? Contenere gli effetti della crisi economica? Stare al passo con l’innovazione e la digitalizzazione? No, cari leader.
Una delle sfide più complesse che vi aspetta nei prossimi anni, non fa parte del macro insieme delle principali criticità legate al mondo del business dell’era contemporanea, ma è legata al people management. Nel gestire risorse umane – direte voi – che problema c’è, lo hanno da sempre fatto tutti. Vero, come darvi torto.
Forse però non avete considerato che la vostra leadership dovrà essere esercitata sempre di più su risorse umane che rappresentano la svolta di una generazione: i Millennials, detti anche Generazione Y, tradotto le persone nate tra gli anni ’80 e il 2000. Questo spaccato generazionale è ormai diventato un esercito nel mondo del business: i Millennials sono la forza lavoro più diffusa negli Stati Uniti, coprendo circa il 37% del totale dei lavoratori americani.
E i trend oltreoceano, si sa, arrivano presto anche sui lidi europei: per questa ragione, cari leader, è tempo di rimboccarsi le maniche e studiare la situazione.
Secondo l’Economist, la prima considerazione da fare, per affrontare al meglio la gestione dei Millennials sul lavoro, è quella di liberarsi dai falsi miti e comprendere la realtà.
Scommettiamo che molto di ciò che immaginate sui Millennials non è poi così corretto?
1. Sono molto collaborativi e odiano la competizione
I Millennials sono nati nell’epoca della digitalizzazione e dei social network, e hanno mosso i primi passi nei cortili dei kindergarten. L’intuizione ci porterebbe a pensare che i valori della socialità e del team siano per loro due elementi imprescindibili. Rimarreste sorpresi, invece, nel sapere che la Generazione Y è una delle più competitive mai osservate – nettamente più dei Baby Boomers – e la loro volontà di scalare le gerarchie di business è a dir poco agguerrita.
2. Comunicazione e network: il loro pane quotidiano
Complice la rivoluzione degli smartphone e la digitalizzazione della comunicazione, scambiarsi messaggi con una frequenza mai vista è una delle principali caratteristiche dei Millennials. Peccato che il flusso comunicativo non sia sinonimo di commitment: secondo una ricerca svolta dalla società di consulenza CEB, infatti, circa il 40% dei Millennials non ha fiducia nell’apporto dei propri pari sul lavoro. Una comunicazione che appare, quindi, svuotata e semplicemente di facciata.
3. La massima aspirazione? La flessibilità.
Niente di più falso! Chi pensa che i Millennials siano disposti a rinunciare alla scalata al potere per ottenere flessibilità e più tempo libero si sbaglia di grosso! Bando alle gerarchie flat e alle più eque divisioni dei ruoli: la Generazione Y ambisce al successo e, sempre secondo lo stesso studio citato in precedenza, un Millennial su 3 sceglie il posto di lavoro in base alle concrete opportunità di carriera sul piatto.
Che fare quindi per mantenere coinvolti i Millennials e aumentare il loro commitment? La regola più importante e cruciale, sembra essere quella di premiarli nel modo in cui loro desiderano essere gratificati. Mettete sul piatto un percorso di carriera chiaro e trasparente, istituite un flusso continuo di feedback tra capo e dipendente, gratificate il Millennial con benefit concreti.
Nella bilancia della Generazione Y i valori di una Company, i benefit immateriali e il suo approccio responsabile sembrerebbero – il condizionale è d’obbligo – aspetti secondari. Meglio concentrarsi sulla valorizzazione del talento personale e delle competenze della risorsa, premiando il duro lavoro con gratificazioni consistenti e remunerazioni adeguate all’apporto individuale.
Parole d’ordine, quindi, meritocrazia e concretezza. Sorpresi?