Finché pensione non ci separi?
Non scherziamo!
Cambiare lavoro, in alcune precise fasi della carriera di ogni professionista, può essere la scelta vincente per fare il salto di qualità. Specie se l’ambiente di lavoro odierno inizia a stare stretto.
Capire quando è il momento giusto, o identificare i campanelli d’allarme che segnalano che il commitment per il ruolo attuale sta andando in riserva, però, non è così immediato.
La difficoltà di scrollarsi di dosso le abitudini, i legami interpersonali che si creano oltre quelli professionali o la paura dell’ignoto, possono frenare il coraggio e offuscare l’oggettività.
Ecco, allora, alcuni indizi inequivocabili in grado di segnalarvi che è tempo di intraprendere una nuova avventura lavorativa.
1. Poco coinvolgimento
Mike Steib, attuale CEO di XO Group, ex manager in Google e ancor prima Business Analyst in McKinsey, ha una discreta esperienza nel cambio di lavoro. È proprio lui a suggerire il primo segnale a cui prestare attenzione, ovvero lo scarso coinvolgimento. Secondo Steib, è importante che ci sia una buona affinità con i valori della Company e con l’ambiente di lavoro quotidiano: impegnarsi, ogni giorno, per portare a termine compiti che non ci interessano, a lungo mina la motivazione e spegne l’energia anche del professionista più determinato. Meglio cambiare, quindi, orientandovi verso un ruolo o un settore che vi interessano davvero.
2. Lento apprendimento
Per un leader, formarsi continuamente è indispensabile per avere skills sempre rilevanti. Capita, però, che la Company non riesca ad offrire spunti di crescita e apprendimento nelle aree di maggiore interesse. È stata questa consapevolezza, ad esempio, che ha spinto Mike Steib a lasciare il ruolo precedente, per approdare in Google: mosso dalla volontà di imparare il massimo in fatto di tecnologia – e impossibilitato a farlo nel ruolo che ricopriva – la scelta è stata quella di seguire le ambizioni e fare un passo avanti nel percorso di apprendimento scegliendo un luogo in grado di rispondere alle esigenze del professionista.
3. Scarsa stima nel leader
Pensate alle sere in cui arrivate a casa frustrati e arrabbiati, nervosi per la giornata in ufficio e provate a focalizzare la motivazione della vostra negatività: in molti casi, il responsabile del crollo è il vostro manager. Un cattivo manager riesce a demotivare nel profondo le persone, a farle sentire in difficoltà e confuse, spesso non prendendosi le legittime responsabilità e non offrendo il dovuto supporto e la massima collaborazione. Un cattivo manager è un elemento da cui allontanarsi: difficilmente troverete il modo per far nascere empatia. Meglio, quindi, cambiare aria.
4. Limitate possibilità di carriera
Un altro dei fattori da considerare nella scelta di cambiare lavoro, è quello dell’effettiva possibilità di crescita. Se, nonostante il vostro impegno e la vostra dedizione, sentite che le chances di promozione e di riconoscimento sono limitate, se non proprio azzerate, non perdete altro tempo e rimettetevi sul mercato del lavoro. Un’opportunità, nell’opportunità: secondo una ricerca pubblicata da Forbes, rimanere per troppi anni nella stessa azienda, rischia di dimezzare le vostre effettive possibilità di guadagno nel corso dell’intera carriera.
5. Troppo stress
Ultimo, ma non meno importante, fattore da considerare è la dimensione psicosomatica. Se il vostro corpo vi lancia segnali legati ad un eccessivo accumulo di stress, come la difficoltà di riposare correttamente la notte, l’incapacità di godervi un momento di relax senza pensare subito a cosa vi aspetterà al ritorno al lavoro o la sensazione di depersonalizzazione e alienazione, non attendete oltre: è tempo di scrollare via l’ansia e ritrovare entusiasmo, altrove.
Piero Zanotti
Tutto veramente azzeccato e vero ! Non si parla del problema economico ma esiste !
Ottima analisi e motivazione a cambiare