Se fino a qualche anno fa ci fossimo domandati “Come valutare il successo di una Company e l’eccellenza del suo management?”, la risposta sarebbe stata abbastanza ovvia: un’azienda leader è resa tale dai suoi risultati economici. Oggi, evidentemente, non è più così.
Il mondo del business si sta rapidamente evolvendo e la miopia egoistica delle aziende, intente solo a fare impennare gli indicatori economici, sta lasciando il posto ad una grande rivoluzione racchiusa in un acronimo breve ma potentissimo: CSR. Le logiche della Corporate Social Responsibility, ovvero la capacità delle aziende di essere sostenibili, responsabili ed abbracciare le esigenze della comunità di appartenenza, rovesciano le prospettive di valutazione delle performance imprenditoriali.
Se n’è accorta anche la Harvard Business Review, che ogni anno stila la classifica dei 100 CEO più performanti del mondo. L’edizione 2014, basata ancora solo su criteri puramente finanziari, aveva incoronato Jeff Bezos, CEO del colosso amazon, come il miglior manager del mondo. L’edizione 2015, però, ha cambiato le carte in tavola: insieme agli indicatori economici, rilevanti per l’80% della valutazione complessiva, la HBR ha integrato anche i parametri di ESG, ovvero Environmental, Social e Governance.
Il risultato? Jeff Bezos precipita all’87esimo posto, lasciando la vetta della classifica a Lars Sørensen, CEO dell’azienda danese Novo Nordisk, attiva nel settore dell’healthcare, con un focus speciale al trattamento del diabete. Un’azienda che ha fatto della sostenibilità non solo il cuore del business, ma anche un modello da seguire per un impegno responsabile, a beneficio dei propri consumatori e dell’intera comunità.
Un esempio virtuoso di come responsabilità sociale non sia affatto sinonimo di charity: al contrario, lo stesso Lars Sørensen ha dichiarato che gli obiettivi della Novo Nordisk, come la riduzione del consumo di energia, il contenimento dell’impatto ambientale dell’impresa e il comportarsi da bravi cittadini al servizio della comunità, favoriscono, nel breve e lungo periodo, le performance economiche, riducendo il rischio di incorrere in sanzioni e in misure correttive.
E l’Italia? La classifica dei Top 100 CEO del mondo stilata dalla Harvard Business Review, fortunatamente, si tinge anche di tricolore. Tra i connazionali inseriti nella prestigiosa classifica spicca, al 27esimo posto, Sergio Marchionne, CEO di Fiat Chrysler. Per trovare un altro italiano dobbiamo scendere, poi, al 53esimo posto, dove si posiziona Fabrizio Freda, CEO della Company leader nel settore beauty, Estée Lauder, seguito a ruota – alla 57esima posizione – da Lamberto Andreotti, ai vertici della Bristol-Myers Squibb, nota azienda farmaceutica. Quindi, al 62esimo posto, troviamo Paolo Rocca, CEO e Presidente di Tenaris, azienda leader a livello mondiale nella produzione di tubi e strumenti per l’esplorazione e la produzione di gas e petrolio.
Chiude la classifica dei 100 migliori CEO del mondo, Vittorio Colao, AD del colosso della telefonia Vodafone, tagliando fuori, al 101esimo posto, niente meno che Warren Buffett, un mito della finanza, anche conosciuto come l’Oracolo di Omaha, e CEO della holding americana Berkshire Hathaway.
Che sia la fine dell’era “bilancio-centrica”? Benvenuta sostenibilità!