Seconda parte del post dedicato al nostro #spiritoleader Evila Piva, e alla sua analisi sul perché non sempre le idee imprenditoriali, anche le migliori, riescono ad emergere. Ecco altre 5 cause di insuccesso molto diffuse e altrettanto evitabili, con un’adeguata preparazione e un’attenta analisi.
Lacune di marketing ed economiche
Fare impresa per mettere al primo posto l’obiettivo di “diventare ricchi” non è mai una buona idea. Fare impresa con un occhio attento alla sostenibilità economica e ai flussi di cassa è invece fondamentale.
Se i primi delicati momenti dello start-upping possono essere coperti attraverso varie forme di finanziamento pubblico e privato (o con propri fondi, perché no), l’impresa dovrà prima o poi essere in grado di trovare un modo per generare profitti in modo stabile e duraturo.
La tipologia di problema nella quale si dibatte tutt’ora Twitter, irrisolto nonostante una quotazione record sui mercati finanziari. Sarà in grado la pubblicità di adattarsi al microblogging, senza snaturare il servizio? È una bella sfida per Jack Dorsey e compagnia, così come a suo tempo lo è stata per Mark Zuckerberg e Facebook (e lo sarà nuovamente per rendere profittevole l’acquisizione di Whatsapp).
Aver atteso troppo a lungo per provarci
C’è una sottile – ma neppure tanto – differenza tra il perfezionismo e il continuo procrastinare il lancio della propria idea imprenditoriale. Che, per quanto innovativa, non lo sarà mai abbastanza da non essere prima o dopo emulata da qualcuno più rapido nel set up.
Meglio lanciare un’idea imperfetta, ma allineabile nel corso del tempo, o attendere eternamente la perfezione e vedersi superare senza neppure averci provato?
Il fattore diventa determinante, soprattutto quando si parla di tecnologia in generale, e web in particolare. Se a bloccarvi è la paura che le cose possano non funzionare come avete pianificato, potreste prendere spunto dai fondatori di Zappos, la cui storia è accennata in un post su Forbes di Eric Wagner.
I co-fondatori non erano neppure sicuri, alla fine degli anni ’90, che le persone avrebbero osato ordinare scarpe su Internet. Così decisero di fare un piccolo test: misero su un sito internet con immagini di scarpe prese dai siti delle aziende produttrici, qualche pulsante “acquista ora”, e attesero.
Ta-dah. Gli ordini arrivarono, uno dei due giovanotti corse al negozio di scarpe più vicino per acquistare le calzature ordinate pagandole a prezzo intero, e le inviò agli acquirenti. Persero soldi su ogni paio di scarpe inviate? Sì. Verificarono rapidamente se avevano davvero avuto una buona idea di business? Sì, di nuovo.
Incapacità di cambiare strada e idea
Jack Welch, CEO di General Electric tra i più longevi, controversi ed efficaci della storia del capitalismo moderno, era solito affermare “meglio cambiare prima di essere costretti a farlo”.
Una buona idea imprenditoriale non è eterna. Deve essere in grado di cogliere le opportunità di cambiamento, prima che sia il cambiamento a decretarne la fine. Borders, storica catena di librerie U.S.A., dopo un periodo di fortissima espansione nel quale il suo business model ha fagocitato migliaia di piccole librerie, è caduta sotto i colpi infertigli dall’ecommerce da un lato, e dall’eBook dall’altro. Ironicamente, entrambi hanno lo stesso nome: Amazon.
Lo stesso potrebbe presto accadere a Barnes & Noble il cui fondatore Lenoard Riggio ha tra l’altro candidamente ammesso di “non usare Nook”, l’eBook reader prodotto da una costola della sua società.
B&N naviga in acque torbide, alla ricerca di un nuovo modello economico in grado di coniugare il glorioso passato di profitti e megastore col magro presente di dismissione e differenziazione. Riuscirà a cambiare strada finché è in tempo?
Non avere focus sul cliente finale, o non conoscerlo affatto
L’idea appare ottima, solida dal punto di vista economico e realizzabile senza grossi problemi tecnologici. Il team è già all’opera e tutto sembra procedere per il verso giusto. A condizione che il prodotto o servizio sia davvero qualcosa di cui il mondo ha bisogno.
Al di fuori della torre d’avorio nella quale spesso si rinchiude l’imprenditore, quale sarà l’impatto della sua idea? Ciò che stiamo per creare verrà recepito positivamente? E soprattutto: ha una sua utilità, un suo mercato, un suo “cliente tipo”?
Qualche settimana fa abbiamo ripercorso la parabola discendente di quello che fu il leader mondiale del videonoleggio, Blockbuster. Qualcuno potrebbe obiettare che siamo più vicini alla fattispecie di “incapacità di cambiare strada e idea”.
In realtà Blockbuster ha avuto tempo e modo di cambiarla, ma i suoi dirigenti hanno deliberatamente scelto di proseguire su quel sentiero, fermamente convinti che gli utenti non avrebbero trovato interessante la proposta del principale competitor, Netflix.
Il risultato lo conosciamo molto bene: Blockbuster è implosa, Netflix prospera. Forse sarebbe stato meglio approfondire ulteriormente quali fossero i reali gusti dei clienti.
Eccesso di successo e di aspettative
Sì, a volte il successo può rappresentare il fallimento dell’idea imprenditoriale, soprattutto quando non si è in grado di farvi fronte.
Se avete mai avuto a che fare con il social game Farmville, probabilmente il nome Zynga non vi è nuovo. La storia della sua ascesa e del suo repentino declino è stata raccontata da Il Post qualche tempo fa. Nata nel 2007, la software house ha conosciuto proprio grazie al videogioco “agricolo” un enorme successo, con conseguente quotazione sui mercati finanziari e corsa all’acquisto di azioni.
Quando gli investitori hanno cominciato a chiedere conto dei piani di espansione della società, gli inesperti manager cercarono di dissipare ogni dubbio acquisendo OMGPOP, software house sviluppatrice del popolare videogame Draw Something.
Sfortunatamente i 15 milioni di giocatori di quel videogame scesero rapidamente a 10, e anche per Farmville le cose cominciarono ad andar male, con un -82% di base utenti.
Zynga sta ora cercando di risollevarsi grazie a un nuovo CEO (Don Mattrick, ex Microsoft XBox), e drastici tagli al personale e alle spese.
La lezione in questo caso è però molto chiara: piani di espansione troppo prematuri possono minare alla base la solidità di un progetto imprenditoriale appena avviato, così come di una multinazionale affermata (vero General Motors?).
Come evitare le trappole del fallimento di un’idea imprenditoriale?
Per essere imprenditori di successo bisogna essere in grado di prendere decisioni, relative a vari aspetti, dall’organizzazione dell’impresa alle strategie di reperimento delle risorse e delle competenze, alle strategie di finanziamento e di sviluppo prodotto.
Come imparare tutto questo? Certo, le capacità innate contano, ma devono essere affiancate dall’esperienza acquisibile sul campo, o con un adeguato livello di preparazione teorica e studio.
Per quest’ultima, i master executive offrono il focus sia sugli aspetti più concreti relativi alla gestione d’impresa, al reperimento delle risorse finanziarie e alla costruzione del team, sia su quelli relativi alle soft skills di leadership, comunicazione efficace, negoziazione.