“Devi imparare a gestire il tuo tempo, organizzati meglio la prossima volta”.
“Ritieniti fortunato ad avere un lavoro. Coi tempi che corrono c’è gente che farebbe carte false per essere al tuo posto”.
Quante volte vi è capitato di sentire una frase di questo tipo, pronunciata da un Boss ad un suo dipendente?
Niente di più dannoso per la produttività e il morale di una risorsa: curare lo stile di comunicazione e scegliere le giuste parole è fondamentale per creare empatia, fiducia e collaborazione.
Coordinare delle risorse e gestire gli umori di una squadra non è semplice, ma è – tra le attività richieste ad un leader – probabilmente la più importante. Perché ha impatti sul benessere del dipendente, sulla sua percezione di sentirsi considerato e, quindi, sul committment del singolo e sul clima dell’intero gruppo.
E se la prima regola per un buon leader è la trasparenza, questa non tollera la noncuranza: tutto si può – e si deve – dire, ma con le giuste parole, in un’ottica costruttiva.
Possibile, quindi, che il modo in cui comunicate un messaggio ad una risorsa cambi radicalmente il senso della frase e decida le sorti del team: sì, possibile.
Ve lo dimostriamo con una serie di frasi scoraggianti che un leader dovrebbe evitare di dire, e fornendovi la versione corretta per comunicare in modo empatico e professionale con il team.
- “Probabilmente non sei aggiornato, ma…”
Un membro del team sta svolgendo un’attività completamente inutile. Il motivo? Nessuno lo ha avvertito che le carte in tavola sono cambiate e che il progetto è stato congelato.
Non fatela apparire come una mancanza della risorsa, ma come una vostra missed opportunity: è compito del leader allineare la squadra ad ogni cambio di rotta.
Piuttosto che pronunciare la frase scoraggiante sopra, ponete l’accento sul vostro errore: “Sono dispiaciuto, per non averti aggiornato”. In poche parole, sposterete il peso dal “Io sono il capo, e conosco cose a cui tu non hai accesso” a “non ho fatto il mio dovere, quindi è mia responsabilità”, facendo sentire la risorsa più inclusa, compresa e sollevata.
- “Perché sei solo tu ad avere problemi con questo cliente? Con me è sempre così gentile”
Forse perché non ha una posizione di leadership come la vostra, tale da meritare rispetto anche solo per la carica ricoperta?
Non sottovalutate le parole di un dipendente, ma valorizzatelo come la vostra cartina di tornasole verso il mondo esterno: se continua a riportarvi una condizione di difficoltà, approfondite.
Provate con “Spiegami cosa rende così complesso il rapporto con questo cliente, e dammi gli strumenti per intervenire”: siete voi, infatti, i garanti della salute e dell’efficacia di un team. Questa grande responsabilità richiede anche di accettare l’escalation e di prendere posizione nella difesa del lavoro della squadra.
- “Questo non è di mia competenza”
…e quindi il vostro ruolo quale sarebbe?
Ogni leader, indipendentemente dal carico di impegni e di lavoro che ha, deve essere sempre a disposizione del suo team e, in caso di bisogno, deve offrire supporto.
Anche quando la problematica del dipendente non è strettamente affine al suo ambito di attività, il leader deve trovare una soluzione insieme al gruppo e mettere a disposizione la sua posizione privilegiata per snellire i processi.
Piuttosto che lavorare per compartimenti stagni – e far trasparire che non siete interessati ad aiutare la risorsa nel reperire le informazioni che cerca – cambiate approccio e provate a fornire all’interlocutore una direzione esatta, come “Confesso che non ho esperienza in questo ambito, ma ti consiglio di chiedere a Paolo, lui dovrebbe saperti rispondere. Organizza un incontro, vi presenterò io e introdurrò il problema, così che tu possa approfondirlo”.
- “Lascia perdere, ci penso io”
Con questa frase state affermando che la vostra risorsa non è assolutamente in grado di svolgere il compito assegnato.
L’effetto di una dichiarazione di questo tipo è una scarica immediata di frustrazione e demotivazione nel dipendente, che si sentirà deresponsabilizzato e incapace.
Se il compito è semplice, imparate a delegare (e non cadete nelle paludi del “micro-management”), se invece il task è complesso comunicate chiaramente la situazione al dipendente: “Non ti ho potuto spiegare chiaramente il processo per terminare questo lavoro, quindi lascia che da qui me ne occupi io. Quando avrò terminato, lo approfondiremo insieme, così la prossima volta potrai svolgerlo tutto in autonomia”.
- “Non funzionerà mai…”
Probabilmente la vostra posizione privilegiata vi consente di conoscere molto bene il contesto lavorativo e le sue dinamiche. E vedere una risorsa impegnata in un’attività che sapete essere più time consuming che produttiva, vi spinge ad intervenire. È giusto indirizzare il dipendente verso il modo più efficace di affrontare i task, ma dirgli che quello che sta facendo è solo “una perdita di tempo”, lo scoraggerà e lo farà sentire poco valorizzato.
Preferite, invece, un approccio partecipato. “Spiegami di cosa ti stai occupando, e come intendi farlo”. Attraverso il dialogo, portate autonomamente la risorsa a capire che quello che sta facendo non è la cosa giusta. Date, ora, un twist positivo: è utile spiegare come, anche voi tempo fa, avete affrontato lo stesso problema e, a furia di errori, avete trovato un nuovo approccio, più funzionale.